Scarica PDF
Abstract
Ita
La costruzione della soggettività neoliberale fondata sull’emancipazione individuale in contrapposizione a quella collettiva ha accompagnato il passaggio dai “Trenta gloriosi” alla fase successiva, segnata da un chiaro squilibrio tra capitale e lavoro. Il neoliberismo ha presentato il mercato come istituzione neutrale capace di consentire a chiunque l’autorealizzazione tramite l’efficienza e la massimizzazione della ricchezza, aggirando così le dispute sui modelli di “società giusta” tipiche dello Stato sociale. Questa neutralizzazione dell’esigenza di egemonizzare la società con una determinata visione del bene comune al fine di subordinare l’economia capitalista alle esigenze della società stessa è rispecchiata dallo sviluppo delle relazioni interstatuali di quegli anni, specie con riguardo all’integrazione europea. La ricetta neoliberale applicata all’UE ha consentito agli Stati membri di approfondire la propria integrazione senza bisogno di convergere attorno a un determinato modello di sviluppo socioeconomico, posta la capacità del mercato di surrogare il potere politico redistributivo centrale tipico di uno Stato federale. Si è trattato, anche qui, di propagandare l’illusione di un’integrazione senza bisogno di egemonia. Alla supposta fluidità del soggetto individuale ha fatto da specchio la fluidità del soggetto istituzionale (l’UE quale ordinamento sui generis). A partire dalla crisi economica del 2008, entrambe quelle visioni hanno mostrato la corda, senza però il passaggio ad alcun autentico ribaltamento di prospettiva. La gestione della crisi pandemica, prima, e di quella bellica, poi, sembrano ancora saldamente ancorate al paradigma immanentista dell’assenza di alternative e alla necessità di illimitata adattabilità dell’individuo alle circostanze esistenti, immodificabili da parte della Politica.
En
The construction of the neo-liberal subject based on individual as opposed to collective emancipation accompanied the transition from the ‘Trente Glorieuses’ to the next phase, marked by a clear imbalance between capital and labour. Neoliberalism presented the market as a neutral institution capable of allowing everyone self-realisation through efficiency and wealth maximisation, thus circumventing disagreements about models of ‘just society’ typical of the welfare state. This neutralisation of the need to hegemonise society with a certain vision of the common good in order to subordinate the capitalist economy to the needs of society itself is mirrored by the development of inter-state relations in those years, especially with regard to European integration. The neo-liberal recipe applied to the EU has allowed member states to deepen their integration without the need to converge around a certain model of socio-economic development, given the market’s ability to supersede the central redistributive political power typical of a federal state. The similarity lies in the illusion of integration without the need for hegemony. The supposed fluidity of the individual subject was mirrored by the fluidity of the institutional subject (the EU as a sui generis organization). Since the economic crisis of 2008, both visions have shown their limits, but without any real reversal of perspective. The management of the pandemic crisis, first, and of the war crisis, later, still seem firmly anchored in the “TINA” paradigm of the absence of alternatives and the need for unlimited adaptability of the individual to existing circumstances, over whom Politics has no authority.