Aids: la Boehringer azzera i brevetti per i Paesi poveri. Il paradigma dell’autolimitazione del profitto (in attesa della funzione sociale della proprietà intellettuale in sede WTO).

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La multinazionale farmaceutica Boehringer-Ingelheim (una fra le venti maggiori aziende del ramo a livello planetario, come informa orgogliosamente il sito della società) ha rinunciato ai brevetti sul farmaco anti-Hiv denominato “Nevirapina” nei Paesi in via di sviluppo (PVS).
Più in particolare, come la stessa azienda ha comunicato tramite una propria nota del 20 maggio 2006 (consultabile, previa registrazione, anche sul sito italiano della società), la Nevirapina (si tratta, nello specifico, di un farmaco antiretrovirale utilizzato per scongiurare il fenomeno – drammaticamente frequentissimo – della trasmissione del virus responsabile dell’Aids dalla madre infetta al bambino nascituro) potrà essere prodotta nella sua forma di principio attivo generico nei PVS senza alcun costo per lo sfruttamento della licenza. In altri termini, cioè, i brevetti sulla Nevirapina non saranno in vigore nei PVS, che, pertanto, «non dovranno versare diritti di brevetto o altre tasse» per produrre il farmaco salvavita. La multinazionale ha altresì deciso di portare il prezzo del farmaco sui mercati dei paesi poveri a 0,6 dollari, in modo che – come recita la nota – «in tutti i paesi africani ed in tutti gli altri paesi a basso reddito, secondo la classifica stilata dalla Banca Mondiale, il costo giornaliero della terapia con Nevirapina in media sarà dimezzato rispetto al precedente prezzo». Infine, in quei Paesi con un livello di reddito medio (si pensi, a titolo esemplificativo, a quelli dell’America Centrale e Meridionale), il prezzo del trattamento giornaliero verrà ridotto ad 1,20 dollari. «Quest’ultimo prezzo» – conclude ancora la nota – «rappresenta uno sconto superiore al 90% rispetto al prezzo del trattamento nei paesi ad elevata industrializzazione».
La notizia, indubitabilmente positiva, si presta tuttavia ad almeno due considerazioni.
In primo luogo, come noto anche a coloro i quali immunologi non sono, la terapia o, meglio, le terapie per la lotta all’insorgenza dell’Aids (lo stato di sieropositività conclamata determinata, secondo modalità e tempistiche ancora poco chiare, dall’Hiv) si fondano tutte sui c.d. cocktail di farmaci: il virus, cioè, per essere efficacemente combattuto richiede l’assunzione di una pluralità di medicine, secondo dosaggi del tutto particolari e variabili. E’ del tutto evidente, pertanto, che sospendere il brevetto in determinati Paesi su di un singolo prodotto farmacologico, concedendo liberamente lo sfruttamento della licenza (quanto, insomma, fatto dalla Boehringer), ha effetti e risultati minimi, se non nulli, allorquando l’intervento (come nel caso de quo) non è coordinato con la sospensione degli altri brevetti per gli altri medicinali costituenti il cocktail medesimo. L’azione intrapresa dalla multinazionale, è di adamantina evidenza, caratterizzandosi per assoluta episodicità e disorganicità, è destinata a rivelarsi perlopiù inefficace.
In punto di diritto, invece, e qui l’analisi sarà certamente e debitamente approfondita in una ricerca già in fieri, basta ora brevemente constatare come ci si trovi di fronte ad un esempio paradigmatico del fenomeno dell’autolimitazione del profitto da parte dell’agente privato. Come insegnano in proposito gli studi economici, infatti, ben può accadere – ed è anche esperienza storicamente ricorrente – che, per le ragioni più varie (non da ultimo quelle promozionali), il capitalista (sia consentito l’utilizzo di questa vetusta categoria politico-economica), specialmente se agente in un quadro di oligopolio commerciale, ovvero, nel caso di specie, la multinazionale del settore farmaceutico, possa – sua sponte – rinunciare ad una parte degli extraprofitti che pure potrebbe ricavare dalla vendita di un suo prodotto ai consumatori.
La lotta del costituzionalismo prescrittivo, oggi tutta da riscrivere nel quadro della mutata configurazione del potere nel mondo globalizzato, passa – indubbiamente – attraverso la capacità di far sì, di imporre nelle opportune sedi (WTO in primis) che quello che attualmente è mero atto volontaristico rimesso ad una scelta della multinazionale (e dunque assoluto, cioè ab solutus da qualsiasi obbligo o prescrizione costituzionale o legale), diventi dovere inderogabile di solidarietà sociale in ciò riconoscendo, finalmente, la funzione sociale della proprietà intellettuale ed il suo concreto atteggiarsi.