Corte di giustizia, primato del diritto dell’Unione direttamente applicabile, pronuncia del Bundesverfassungsgericht che dichiara l’incompatibilità con la Costituzione tedesca della normativa che disciplina il monopolio pubblico sulle scommesse sportive, ammissibilità e condizioni eventuali di un periodo transitorio in cui la normativa nazionale venga mantenuta in vigore

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

8 settembre 2010 (*)

«Artt. 43 CE e 49 CE – Libertà di stabilimento – Libera prestazione dei servizi – Organizzazione di scommesse sulle competizioni sportive assoggettata a un monopolio pubblico a livello di un Land – Pronuncia del Bundesverfassungsgericht che dichiara l’incompatibilità con la Costituzione tedesca della normativa che disciplina siffatto monopolio pur mantenendola in vigore durante un periodo transitorio al fine di consentirne l’adeguamento alla legge fondamentale – Principio del primato del diritto dell’Unione – Ammissibilità e condizioni eventuali di un periodo transitorio di tal genere quando la normativa nazionale de qua violi anche gli artt. 43 CE e 49 CE»

Nel procedimento C‑409/06,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Verwaltungsgericht Köln (Germania), con decisione 21 settembre 2006, pervenuta in cancelleria il 9 ottobre 2006, nella causa

Winner Wetten GmbH

contro

Bürgermeisterin der Stadt Bergheim,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot e dalla sig.ra P. Lindh, presidenti di sezione, dai sigg. K. Schiemann (relatore), A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. N. Nanchev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 dicembre 2009,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Winner Wetten GmbH, dagli avv.ti O. Bludovsky e D. Pawlick, Rechtsanwälte;

– per la Bürgermeisterin der Stadt Bergheim, dagli avv.ti M. Hecker, M. Ruttig e H. Sicking, Rechtsanwälte;

– per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma, dalla sig.ra C. Schulze‑Bahr nonché dai sigg. B. Klein e J. Möller, in qualità di agenti;

– per il governo belga, dalla sig.ra A. Hubert, successivamente dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agenti, assistite dagli avv.ti P. Vlaemminck e S. Verhulst, advocaten;

– per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;

– per il governo greco, dalle sig.re A. Samoni‑Rantou, G. Skiani, M. Tassopoulou nonché dal sig. K. Boskovits, in qualità di agenti;

– per il governo spagnolo, dal sig. F. Díez Moreno, in qualità di agente;

– per il governo francese, dalla sig.ra E. Belliard, dal sig. G. de Bergues, dalle sig.re C. Jurgensen e C. Bergeot‑Nunes nonché dal sig. A. Adam, in qualità di agenti;

– per il governo portoghese, dai sigg. L. Inez Fernandes e P. Mateus Calado nonché dalla sig.ra A.P. Barros, in qualità di agenti;

– per il governo sloveno, dalla sig.ra M. Remic, in qualità di agente;

– per il governo norvegese, dal sig. F. Sejersted, dalla sig.ra G. Hansson Bull, dai sigg. K.B. Moen e Ø. Andersen, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, dai sigg. E. Traversa e K. Gross, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 gennaio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 43 CE e 49 CE nonché sulle conseguenze che discendono dal principio del primato del diritto comunitario.

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Winner Wetten GmbH (in prosieguo: la «WW») e la Bürgermeisterin der Stadt Bergheim (sindaco della città di Bergheim) relativamente alla decisione di quest’ultima di vietare alla WW la prosecuzione della sua attività di offerta di scommesse sportive.

Contesto normativo nazionale

La normativa nazionale

3 L’art. 12, n. 1, della Costituzione (o Legge Fondamentale, Grundgesetz) dispone quanto segue:

«Tutti i tedeschi hanno il diritto di scegliere liberamente la loro professione, il loro luogo di lavoro e il luogo della loro formazione. L’esercizio della professione può essere disciplinato dalla legge o sul fondamento di una legge».

4 L’art. 31 della legge relativa alla Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgerichtsgesetz) così recita:

«(1) Le decisioni del Bundesverfassungsgericht sono vincolanti per i poteri costituzionali della federazione e dei Länder, nonché per tutte le giurisdizioni e autorità.

(2) (…) la decisione del Bundesverfassungsgericht ha forza di legge (…) quando il Bundesverfassungsgericht dichiara che una legge è compatibile o incompatibile con la Costituzione, o nulla. In quanto una legge sia dichiarata compatibile o incompatibile con la Costituzione o con altre disposizioni di diritto federale, o nulla, il dispositivo della decisione deve essere pubblicato sul Bundesgesetzblatt (…)».

5 Ai sensi dell’art. 35 della legge relativa alla Corte costituzionale federale:

«Il Bundesverfassungsgericht può indicare nella sua decisione chi darà esecuzione alla stessa; del pari, può disciplinare le modalità di svolgimento dell’esecuzione».

6 L’art. 284, del codice penale (Strafgesetzbuch) enuncia quanto segue:

«(1) Chiunque, senza autorizzazione amministrativa, organizza o tiene pubblicamente un gioco d’azzardo o mette a disposizione le attrezzature necessarie a tale scopo è punito con la reclusione fino a due anni o con una multa.

(…)

(3) Chiunque agisca nelle ipotesi di cui al paragrafo 1

1. in forma professionalmente organizzata (…)

(…)

è punito con la reclusione da tre mesi a cinque anni.

(…)».

7 Mediante il Trattato tra i Länder sulle lotterie in Germania (Staatsvertrag zum Lotteriewesen in Deutschland; in prosieguo: il «LottStV»), entrato in vigore il 1° luglio 2004, i Länder hanno predisposto un quadro normativo uniforme per l’organizzazione, l’esercizio e l’intermediazione, a titolo commerciale, dei giochi d’azzardo, ad eccezione dei casinò.

8 L’art. 1 del LottStV così recita:

«Il presente Trattato si pone come obiettivi

1. canalizzare in maniera ordinata e controllata la naturale propensione al gioco della popolazione e in particolare evitare che essa si orienti verso i giochi d’azzardo non autorizzati,

2. impedire gli incitamenti eccessivi al gioco,

3. evitare lo sfruttamento della propensione al gioco a fini di lucro privati o commerciali,

4. garantire che i giochi d’azzardo si svolgano in maniera regolare e che la loro logica sia comprensibile, e

5. garantire che una quota consistente delle entrate provenienti dai giochi d’azzardo venga utilizzata per promuovere obiettivi pubblici o che beneficiano di uno status fiscale privilegiato, ai sensi del codice tributario».

9 L’art. 5, nn. 1 e 2, del LottStV stabilisce quanto segue:

«1. Nell’ambito degli obiettivi di cui all’art. 1, i Länder hanno l’obbligo giuridico di garantire un’offerta sufficiente di giochi d’azzardo.

2. Conformemente alla legge, i Länder possono assolvere essi stessi tale compito ovvero affidarlo a persone giuridiche di diritto pubblico o società di diritto privato in cui persone giuridiche di diritto pubblico detengano direttamente o indirettamente una partecipazione determinante».

10 Nel Land della Renania del Nord-Westfalia (in prosieguo: il «Land NRW»), l’attuazione del LottStV è garantita mediante la legge 3 maggio 1955 sulle scommesse sportive (Sportwettengesetz Nordrhein‑Westfalen; in prosieguo: lo «SWG NRW»), il cui art. 1, n. 1, così dispone:

«Il governo del Land può autorizzare società di scommesse sportive. Dette società devono essere obbligatoriamente costituite come persone giuridiche di diritto pubblico o come persone giuridiche di diritto privato con partecipazione sociale maggioritaria di persone giuridiche di diritto pubblico. (…)».

11 Nel Land NRW è stata concessa una sola autorizzazione di questo tipo, alla Westdeutsche Lotterie & Co. OHG.

La sentenza del Bundesverfassungsgericht 28 marzo 2006

12 Con sentenza 28 marzo 2006, il Bundesverfassungsgericht ha dichiarato, in merito alla normativa di attuazione del LottStV nel Land della Baviera, che il monopolio pubblico in materia di scommesse sportive esistente in tale Land violava l’art. 12, n. 1, della Costituzione, che garantisce la libertà di esercizio dell’attività economica. Detto giudice ha affermato, in particolare, che tale monopolio, dal momento che escludeva l’attività di organizzazione di scommesse da parte di operatori privati senza tuttavia essere accompagnato da un contesto normativo idoneo a garantire strutturalmente e sostanzialmente, sia in diritto sia in fatto, che l’obiettivo di riduzione della passione per il gioco e di lotta contro l’assuefazione allo stesso fosse effettivamente perseguito, arrecava una lesione sproporzionata alla libertà di esercizio dell’attività economica così garantita.

13 Dopo aver sottolineato che il legislatore disponeva di svariati mezzi per porre rimedio all’incostituzionalità così accertata, vale a dire l’organizzazione sistematica del monopolio al fine di conseguire il summenzionato obiettivo, oppure l’istituzione, per legge, di modalità di autorizzazione in materia di organizzazione di scommesse a titolo di attività commerciale da parte di società private, il Bundesverfassungsgericht ha deciso di non annullare la normativa di cui trattasi e di mantenerne gli effetti sino al 31 dicembre 2007, precisando che, per tale data, il legislatore avrebbe dovuto esercitare la propria discrezionalità, modificando le norme ritenute incostituzionali in modo tale da assicurarne la conformità alla Costituzione.

14 Il Bundesverfassungsgericht ha inoltre affermato che la situazione giuridica esistente veniva in tal modo provvisoriamente mantenuta solo a condizione che si stabilisse senza indugio un minimo di coerenza tra l’obiettivo di limitare la passione per il gioco e di combattere la dipendenza dallo stesso e l’esercizio effettivo del monopolio. In particolare, era vietato, durante il periodo transitorio istituito, aumentare l’offerta di scommesse e fare pubblicità che andasse oltre la semplice informazione in ordine alla natura e alle modalità operative delle scommesse proposte. Si doveva peraltro procedere immediatamente ad un’informazione attiva sui pericoli legati alle scommesse.

Causa principale e questioni pregiudiziali

15 La WW dispone di un locale commerciale sito a Bergheim (Germania) in cui esercita l’attività di intermediazione di scommesse sportive per conto della Tipico Co. Ltd, società stabilita a Malta.

16 Con provvedimento del 28 giugno 2005, la Bürgmeisterin der Stadt Bergheim vietava alla WW di continuare ad esercitare detta attività a pena di chiusura e di apposizione di sigilli al suo locale commerciale.

17 L’opposizione contro tale provvedimento proposta dalla WW veniva respinta dal Landrat des Rhein‑Erft‑Kreises (capo dei servizi amministrativi del distretto di Rhein‑Erft) con decisione 22 settembre 2005, sulla base del rilievo che, con tale attività, la WW si rendeva, se non complice dell’organizzazione di giochi d’azzardo, attività punibile ai sensi dell’art. 284 del codice penale, quantomeno colpevole di una violazione dell’art. 1 dello SWG NRW, che subordina ogni organizzazione di scommesse sportive al conseguimento di una previa autorizzazione rilasciata dal Land NRW.

18 La WW adiva il Verwaltungsgericht Köln (tribunale amministrativo di Colonia) con ricorso proposto avverso la citata decisione ed il provvedimento del 28 giugno 2005, deducendo che il monopolio pubblico sulle scommesse sportive in vigore nel Land NRW, su cui si fondano tali atti, è in contrasto con la libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 CE.

19 Il Verwaltungsgericht Köln rileva che né la WW né la Tipico Co. Ltd sono titolari della concessione richiesta ai sensi dell’art. 1 dello SWG NRW per poter esercitare l’attività di cui trattasi nella causa principale e che tale concessione, del resto, non può essere concessa loro a causa dell’esistenza del monopolio istituito dalla normativa in vigore nel Land NRW.

20 A tale proposito, il Verwaltungsgericht Köln ritiene tuttavia che dalla sentenza 6 novembre 2003, causa C‑243/01, Gambelli e a. (Racc. pag. I‑13031) derivi che un provvedimento restrittivo come il citato monopolio non possa, nel caso di specie, essere giustificato dall’invocato obiettivo di prevenire l’incitameento a spese eccessive connesse al gioco e di lottare contro l’assuefazione allo stesso, atteso che sarebbe pacifico che la partecipazione alle scommesse sportive è incoraggiata dagli organismi nazionali autorizzati ad organizzare siffatte scommesse e che, pertanto, detta misura non contribuisce a limitare le attività di scommesse in maniera coerente e sistematica.

21 Dalla citata sentenza del Bundesverfassungsgericht 28 marzo 2006, pronunciata in merito alla normativa del Land della Baviera, e da un’ordinanza analoga emessa dallo stesso giudice il 2 agosto 2006 in merito alla normativa simile del Land NRW, emergerebbe che il monopolio pubblico sulle scommesse sportive vigente in quest’ultimo Land contravviene all’art. 12, n. 1, della Costituzione, in quanto la disciplina in vigore non è atta a garantire né in diritto né in fatto che l’obiettivo di riduzione della passione per il gioco e di lotta contro l’assuefazione al medesimo sia effettivamente perseguito.

22 In detta sentenza, il Bundesverfassungsgericht avrebbe inoltre espressamente sottolineato che le esigenze risultanti dalla summenzionata disposizione costituzionale e quelle che emergono dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalla citata sentenza Gambelli e a., convergevano al riguardo.

23 Secondo il Verwaltungsgericht Köln, dalle suesposte considerazioni risulta che il monopolio esistente nel Land NRW va ritenuto in contrasto sia con il diritto comunitario sia con la Costituzione, come avrebbe peraltro già statuito l’Oberverwaltungsgericht Nordrhein‑Westfalen (Tribunale amministrativo superiore del Land della Renania del Nord-Westfalia).

24 Secondo quest’ultimo giudice, la circostanza che la Westdeutsche Lotterie & Co. OHG si sia impegnata, successivamente alla pronuncia della citata sentenza del Bundesverfassungsgericht 28 marzo 2006, a riorganizzare la propria prassi in modo tale da soddisfare le esigenze transitorie poste da quest’ultimo giudice, come descritte al punto 14 della presente sentenza, non è sufficiente per porre termine a tale violazione del diritto comunitario, essendo necessaria a tal fine una modifica del contesto normativo in vigore.

25 Il Verwaltungsgericht Köln osserva tuttavia che, nonostante l’incompatibilità tra la normativa del Land NRW e il diritto comunitario accertata dall’Oberverwaltungsgericht Nordrhein‑Westfalen, quest’ultimo giudice ha ritenuto che detta normativa dovesse beneficiare delle medesime misure transitorie disposte dal Bundesverfassungsgericht nella sua sentenza 28 marzo 2006, citata supra, vale a dire, come risulta dai precedenti punti 13 e 14, del mantenimento dei suoi effetti sino al 31 dicembre 2007.

26 Secondo l’Oberverwaltungsgericht Nordrhein‑Westfalen, il principio generale di certezza del diritto e la necessità di non creare una lacuna normativa che avrebbe costituito una minaccia per interessi pubblici essenziali imporrebbero, in effetti, di far prevalere provvisoriamente detti interessi su quello dei promotori di scommesse private di accedere liberamente al mercato, prevedendo, in deroga al principio del primato del diritto comunitario, un periodo transitorio nel corso del quale la normativa in questione avrebbe potuto continuare ad essere applicabile.

27 Il Verwaltungsgericht Köln nutre dubbi in ordine alla compatibilità dell’introduzione del citato periodo transitorio con le esigenze che discendono dal principio del primato del diritto comunitario, il quale, come si desumerebbe dalla sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal (Racc. pag. 629), impone incondizionatamente che la normativa nazionale in contrasto con gli artt. 43 CE o 49 CE sia immediatamente disapplicata.

28 Il Verwaltungsgericht Köln ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 43 CE e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che disposizioni nazionali in materia di monopolio statale delle scommesse sugli eventi sportivi, che contengono illegittime restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi garantite dagli stessi articoli, in quanto non contribuiscono, conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenza [Gambelli e a., cit.]), in maniera coerente e sistematica a limitare l’attività di scommesse, possano continuare ad essere applicate in via eccezionale per un periodo transitorio, nonostante il principio fondamentale del primato del diritto comunitario direttamente applicabile.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione, quali presupposti siano necessari per una deroga al principio del primato del diritto comunitario e come si debba determinare il periodo transitorio».

Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

29 Secondo il governo norvegese, le questioni pregiudiziali rivestono un carattere ipotetico. Dalla decisione di rinvio, infatti, risulterebbe che, senza esaminare, esso stesso, il monopolio istituito nel Land NRW alla luce del diritto comunitario, il giudice del rinvio ha presunto l’incompatibilità di detto monopolio con le norme del Trattato CE limitandosi a riferirsi alla menzionata sentenza del Bundesverfassungsgericht 28 marzo 2006. Orbene, da una parte, in detta sentenza, il Bundesverfassungsgericht si sarebbe espressamente dichiarato incompetente a statuire in ordine alla compatibilità del monopolio in oggetto con il diritto comunitario. D’altra parte, il fatto che il Bundesverfassungsgericht abbia ritenuto che tale monopolio fosse in contrasto con la Costituzione non inciderebbe affatto sul giudizio in merito alla sua eventuale incompatibilità con il diritto comunitario.

30 Da parte loro, i governi tedesco e belga nonché la Commissione europea hanno fatto valere che, invece di concludere nel senso dell’incompatibilità del monopolio oggetto della causa principale con il diritto comunitario sulla base delle sole affermazioni compiute dal Bundesverfassungericht nella citata sentenza 28 marzo 2006, il giudice del rinvio avrebbe dovuto esaminare se tale incompatibilità perdurasse, in considerazione delle condizioni alle quali il Bundesverfassungsgericht, con tale decisione, ha subordinato il mantenimento provvisorio degli effetti della normativa in causa, come descritte al punto 14 della presente sentenza.

31 Il governo belga e la Commissione ritengono che, in mancanza di un tale esame, la rilevanza delle questioni pregiudiziali ai fini della soluzione della causa principale non risulti accertata. Il governo tedesco, da parte sua, suggerisce alla Corte di riformulare le questioni pregiudiziali e di risolverle nel senso che il monopolio in tal modo transitoriamente riorganizzato è conforme alle esigenze poste dalla sentenza Gambelli e a., cit. supra.

32 Nell’intento di reagire alle obiezioni così formulate, il giudice del rinvio ha inviato una lettera alla Corte in data 11 maggio 2007, precisando che, per risolvere la controversia principale, avrebbe dovuto tener conto della situazione di diritto e di fatto esistente al momento della decisione di cui alla causa principale, vale a dire il 22 settembre 2005, sicché le eventuali modifiche intervenute a seguito della citata sentenza del Bundesverfassungsgericht 28 marzo 2006 non avrebbero potuto essere prese in considerazione ai fini della decisione della causa principale.

33 In considerazione del contenuto di tale lettera, la Corte, agendo sul fondamento dell’art. 104, n. 5, del suo regolamento di procedura, il 16 luglio 2008 ha scritto al giudice del rinvio invitandolo a precisare se la soluzione delle questioni pregiudiziali fosse ancora necessaria ai fini della soluzione della causa principale, tenuto conto delle precisazioni frattanto apportate dal Bundesverfassungsgericht in un’ordinanza del 22 novembre 2007. In tale ordinanza, il Bundesverfassungsgericht ha statuito, riguardo alla normativa oggetto della causa conclusasi con la sua citata sentenza 28 marzo 2006, che il mantenimento degli effetti di tale normativa, deciso in detta sentenza, non era tale da far venir meno l’incompatibilità con la Costituzione di decisioni amministrative adottate precedentemente a tale sentenza.

34 Nella sua risposta dell’8 agosto 2008, il giudice del rinvio ha precisato che la soluzione delle questioni pregiudiziali era ancora necessaria in quanto, contrariamente a quanto aveva precedentemente sostenuto, per pronunciarsi sulla legittimità delle decisione oggetto della causa principale esso avrebbe dovuto tener conto della situazione di diritto e di fatto esistente alla data del 31 dicembre 2007. La giurisprudenza sarebbe infatti evoluta nel senso che la legittimità di una decisione come quella oggetto della causa principale andrebbe ormai valutata alla data in cui è emanata la decisione giurisdizionale. Quanto alla causa principale, tuttavia, è la data del 31 dicembre 2007 che dovrà essere presa in considerazione, atteso che una nuova normativa, sostanzialmente diversa dalla precedente e priva di qualsivoglia effetto retroattivo, è entrata in vigore il 1° gennaio 2008.

Giudizio della Corte

35 Va rammentato, in primo luogo, che non compete alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione di disposizioni nazionali, dato che quest’ultima rientra nella competenza esclusiva dei giudici nazionali. Perciò la Corte, qualora sia adita in via pregiudiziale da un giudice nazionale, deve attenersi all’interpretazione del diritto nazionale che le è stata esposta da detto giudice (sentenza 27 ottobre 2009, causa C‑115/08, ČEZ, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

36 In secondo luogo, da una giurisprudenza costante risulta che, nell’ambito del procedimento istituito dall’art. 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 38, e 10 marzo 2009, causa C‑169/07, Hartlauer, Racc. pag. I‑1721, punto 24).

37 La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v. citate sentenze PreussenElektra, punto 39, e Hartlauer, punto 25).

38 Infatti, la ratio giustificativa di una questione pregiudiziale non consiste nella formulazione di pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia (v., in particolare, sentenza 2 aprile 2009, causa C‑459/07, Elshani, Racc. pag. I‑2759, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

39 Sotto tali aspetti va tuttavia rammentato, in primo luogo, che dalla giurisprudenza emerge che, tenuto conto della separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, non può pretendersi che, prima di adire la Corte, il giudice del rinvio proceda a tutti i rilievi in fatto e a tutte le valutazioni in diritto ad esso incombenti nell’ambito della propria funzione giurisdizionale. È infatti sufficiente che l’oggetto della causa principale nonché la sue principali questioni riguardo all’ordinamento giuridico comunitario emergano dalla domanda di pronuncia pregiudiziale al fine di consentire agli Stati membri di presentare le loro osservazioni, conformemente all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, e di partecipare efficacemente al procedimento dinanzi alla medesima (v. sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41).

40 In secondo luogo, si deve rilevare che dalle precisazioni contenute nella decisione di rinvio, l’Oberverwaltungsgericht Nordrhein‑Westfalen, giudice che statuisce sulle impugnazioni interposte avverso le decisioni del giudice del rinvio, ha già dichiarato, da una parte, che il monopolio su cui verte la causa principale è incompatibile con il diritto dell’Unione e, dall’altra, che il rispetto delle condizioni transitorie stabilite dal Bundesverfassungsgericht nella citata sentenza 28 marzo 2006, e richiamate al punto 14 della presente sentenza, non può essere sufficiente per porre fine a siffatta incompatibilità.

41 Alla luce delle suesposte considerazioni, non risulta manifestamente che le interpretazioni richieste non abbiano alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale o che il problema sia di natura ipotetica. Ne consegue che le questioni pregiudiziali vanno considerate ricevibili.

Sull’individuazione delle pertinenti disposizioni di diritto dell’Unione

42 La Commissione ha espresso dubbi in ordine alla pertinenza del riferimento all’art. 43 CE contenuto nella prima questione, ove detta istituzione sostiene che solo l’art. 49 CE trovi applicazione ad una situazione come quella di cui alla causa principale.

43 Si deve ricordare, in proposito, che, per giurisprudenza costante, le attività che consistono nel permettere agli utilizzatori di partecipare, dietro corrispettivo, a un gioco d’azzardo costituiscono attività di servizi ai sensi dell’art. 49 CE (v., in particolare, sentenze 24 marzo 1994, causa C‑275/92, Schindler, Racc. pag. I‑1039, punto 25, e 21 ottobre 1999, causa C‑67/98, Zenatti, Racc. pag. I‑7289, punto 24). Lo stesso vale per l’attività consistente nel pubblicizzare e collocare giochi d’azzardo, atteso che tale attività costituisce solo una modalità concreta di organizzazione e di funzionamento dei giochi ai quali si riferisce (v., in particolare, sentenza Schindler, cit., punti 22 e 23).

44 Prestazioni come quelle di cui trattasi nella causa principale possono pertanto rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE qualora, come nel caso di specie, almeno uno dei prestatori sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui viene offerto il servizio (v., in particolare, sentenza Zenatti, cit., punto 24), salvo che si applichi l’art. 43 CE.

45 Quanto all’art 43 CE, si deve ricordare che tale disposizione vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, ivi comprese le restrizioni all’apertura di agenzie, di succursali o di filiali (v. sentenza Gambelli e a., cit., punto 45).

46 Dalla giurisprudenza risulta, in proposito, che la nozione di stabilimento va intesa, in senso estremamente ampio, come implicante la possibilità per un cittadino comunitario di partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica di uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine e di trarne vantaggio, favorendo così l’interpenetrazione economica e sociale nell’ambito della Comunità europea nel settore delle attività di lavoro autonomo (v., in particolare, sentenza 30 novembre 1995, causa C‑55/94, Gebhard, Racc. pag. I‑4165, punto 25). Il mantenimento di una presenza permanente in uno Stato membro da parte di un’impresa stabilita in un altro Stato membro può quindi rientrare nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento anche se tale presenza non ha assunto la forma di una succursale o di una agenzia, ma si manifesta tramite un semplice ufficio gestito, eventualmente, tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell’impresa alla stessa stregua di un’agenzia (v. sentenza 4 dicembre 1986, causa 205/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 3755, punto 21).

47 Quanto al settore dei giochi e delle scommesse, la Corte ha dichiarato, nella citata sentenza Gambelli e a., che l’art. 43 CE trova applicazione ad una situazione in cui un’impresa stabilita in uno Stato membro disponga, in un altro Stato membro, di una presenza che si concretizzi in accordi commerciali conclusi con operatori ovvero intermediari, accordi relativi alla creazione di centri di trasmissione dati che mettono a disposizione degli utenti alcuni mezzi telematici, raccolgono e registrano le intenzioni degli scommettitori e le trasmettono all’impresa stessa. Laddove un’impresa effettui un’attività di raccolta di scommesse con l’intermediazione di una siffatta organizzazione di agenzie situate in un altro Stato membro, le restrizioni imposte alle attività di tali agenzie costituiscono ostacoli alla libertà di stabilimento (v. sentenze Gambelli e a., cit., punti 14 e 46, nonché 6 marzo 2007, cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica e a., Racc. pag. I‑1891, punto 43).

48 Nel caso di specie, le indicazioni della decisione di rinvio quanto ai rapporti sussistenti tra la Tipico Co. Ltd e la WW non consentono né di affermare né di escludere che quest’ultima debba essere considerata una filiale, una succursale o un’agenzia ai sensi dell’art. 43 CE.

49 Ciò premesso, si deve ricordare che, nell’ambito di un procedimento in forza dell’art. 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale (v., in particolare, sentenza 25 febbraio 2003, causa C‑326/00, IKA, Racc. pag. I‑1703, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

50 Peraltro, come ricordato al punto 36 della presente sentenza, spetta esclusivamente al giudice nazionale valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone a tale proposito alla Corte.

51 Spetterà pertanto al giudice a quo stabilire, alla luce delle particolari circostanze della fattispecie, se la situazione su cui verte la causa principale rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 43 CE oppure dell’art. 49 CE.

52 Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni pregiudiziali vanno esaminate sulla base, al contempo, dell’art. 43 CE e dell’art. 49 CE.

Nel merito

Sulla prima questione

53 Va rammentato anzitutto che, come risulta da una giurisprudenza costante, in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni direttamente applicabili hanno l’effetto, nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri, di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale (v., in particolare, sentenze Simmenthal, cit., punto 17, nonché 19 giugno 1990, causa C‑213/89, Factortame e a., Racc. pag. I‑2433, punto 18).

54 Infatti, come sottolineato dalla Corte, le norme di diritto dell’Unione direttamente applicabili che sono fonte immediata di diritti e di obblighi per tutti coloro che esse riguardano, siano questi gli Stati membri ovvero i singoli, soggetti di rapporti giuridici disciplinati dal diritto dell’Unione, devono esplicare la pienezza dei loro effetti in maniera uniforme in tutti gli Stati membri, a partire dalla loro entrata in vigore e per tutta la durata della loro validità (v., in tal senso, citate sentenze Simmenthal, punti 14 e 15, nonché Factortame e a., punto 18).

55 Risulta parimenti da una giurisprudenza costante che qualsiasi giudice nazionale, adito nell’ambito della sua competenza, in quanto organo di uno Stato membro e in applicazione del principio di cooperazione previsto dall’art. 10 CE, ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore sia successiva alla norma dell’Unione (v. in tal senso, segnatamente, le citate sentenze Simmenthal, punti 16 e 21, nonché Factortame e a., punto 19).

56 Ne deriva che è incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto dell’Unione qualsiasi disposizione facente parte dell’ordinamento giuridico di uno Stato membro o qualsiasi prassi, legislativa, amministrativa o giudiziaria, la quale porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dell’Unione per il fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare questo diritto, il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino alla piena efficacia delle norme direttamente applicabili del diritto dell’Unione (citate sentenze Simmenthal, punto 22, nonché Factortame e a., punto 20).

57 La Corte ha precisato che ciò si verificherebbe in particolare qualora, in caso di conflitto tra una disposizione del diritto dell’Unione ed una legge nazionale posteriore, la soluzione di tale conflitto fosse riservata ad un organo diverso dal giudice cui è affidato il compito di garantire l’applicazione del diritto dell’Unione, e dotato di un autonomo potere di valutazione, anche se l’ostacolo in tal modo frapposto alla piena efficacia di tale diritto fosse soltanto temporaneo (sentenza Simmenthal, cit., punto 23).

58 Si deve ricordare, peraltro, che, in conformità di una giurisprudenza costante, il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed è stato ribadito anche all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e che, a tale riguardo, è compito dei giudici degli Stati membri, secondo il principio di collaborazione enunciato dall’art. 10 CE, garantire la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione (sentenza 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet, Racc. pag. I‑2271, punti 37 e 38 e la giurisprudenza ivi citata).

59 Nel caso di specie, si può rilevare che il Bundesverfassungsgericht, nello statuire, nella sentenza e nell’ordinanza citate, rispettivamente, del 28 marzo 2006 e del 2 agosto 2006, che un monopolio come quello oggetto della causa principale violava le esigenze della Costituzione, non si è pronunciato in ordine alla compatibilità di detto monopolio con il diritto comunitario, ove detto giudice, al contrario, ha sottolineato in detta sentenza che si riteneva, nella specie, incompetente a tal proposito.

60 Quanto al fatto che, dopo aver rilevato tale incompatibilità con la Costituzione, il Bundesverfassungsgericht abbia deciso, alle condizioni ricordate ai punti 13 e 14 della presente sentenza, di mantenere a titolo transitorio gli effetti della normativa interna relativa a detto monopolio, dalla giurisprudenza richiamata ai punti 53‑58 della presente sentenza emerge che siffatta circostanza non osta a che il giudice nazionale che accerti che la stessa normativa contravviene a disposizioni del diritto dell’Unione aventi effetto diretto, come gli artt. 43 CE e 49 CE, decida, conformemente al principio del primato del diritto dell’Unione, di disapplicare tale normativa nell’ambito della causa di cui è investito (v., per analogia, sentenza 19 novembre 2009, causa C‑314/08, Filipiak, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 84).

61 È infatti inammissibile che norme di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, possano menomare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza 17 dicembre 1970, causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft, Racc. pag. 1125, punto 3).

62 Dall’ordinanza di rinvio e dal tenore letterale stesso della prima questione pregiudiziale emerge che il giudice a quo intende altresì accertare se, in via più generale, e quindi a prescindere dalla sentenza del Bundesverfassungsgericht 28 marzo 2006, la disapplicazione, derivante dal principio del primato, della normativa nazionale considerata in contrasto con gli artt. 43 CE e 49 CE, possa essere sospesa per il tempo necessario all’adeguamento di tale normativa alle citate disposizioni del Trattato. Come emerge dal punto 26 della presente sentenza, tale questione è infatti sollevata dal giudice del rinvio, segnatamente, in relazione alla circostanza che l’Oberverwaltungsgericht Nordrhein‑Westfalen, pur considerando che dalla giurisprudenza della Corte risulta che la normativa oggetto della causa principale viola gli artt. 43 CE e 49 CE, ha ritenuto che una siffatta sospensione fosse giustificata poiché ragioni imperative connesse alla tutela dell’ordine sociale e dei cittadini contro i rischi relativi al gioco d’azzardo imporrebbero di evitare che, a causa dell’immediata disapplicazione di tale normativa, si creasse una situazione di vuoto normativo.

63 Tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni hanno affermato, in sostanza, che il riconoscimento dell’esistenza di un principio che autorizzi, in circostanze eccezionali, il mantenimento provvisorio degli effetti di una norma nazionale ritenuta in contrasto con una norma di diritto dell’Unione direttamente applicabile si giustificherebbe, per analogia, alla luce della giurisprudenza elaborata dalla Corte sul fondamento dell’art. 231, secondo comma, CE, al fine di mantenere provvisoriamente gli effetti di atti di diritto comunitario da essa annullati ai sensi dell’art. 230 CE o di cui abbia dichiarato l’invalidità ai sensi dell’art. 234 CE.

64 A tale proposito, è vero che, in forza dell’art. 231, secondo comma, CE, divenuto art. 264, secondo comma, TFUE, applicabile per analogia anche nell’ambito di un procedimento pregiudiziale vertente sulla validità ex art. 234 CE, divenuto art. 267 TFUE, la Corte può valersi di un potere discrezionale per stabilire, in ciascun caso concreto, quali effetti di un atto dell’Unione da essa annullato o dichiarato invalido debbano considerarsi definitivi (v., in particolare, sentenza 22 dicembre 2008, causa C‑333/07, Régie Networks, Racc. pag. I‑10807, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

65 Nell’esercizio di tale competenza la Corte può segnatamente decidere di sospendere gli effetti dell’annullamento o della dichiarazione di invalidità di un atto del genere sino all’adozione di un nuovo atto che ponga fine all’illegittimità constatata (v. in tal senso, segnatamente, sentenze 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6351, punti 373‑376, in tema di annullamento, e Régie Networks, cit., punto 126, in tema di dichiarazione di invalidità).

66 Come risulta dalla giurisprudenza, il mantenimento degli effetti di un atto dell’Unione annullato o dichiarato invalido, il cui scopo è di evitare l’instaurarsi di un vuoto normativo fino a quando un nuovo atto non sostituisca quello annullato o dichiarato invalido (v., in particolare, sentenza 5 febbraio 2004, causa C‑157/02, Rieser Internationale Transporte, Racc. pag. I‑1477, punto 60), può essere giustificato qualora sussistano esigenze imperative di certezza del diritto attinenti al complesso degli interessi in gioco, sia pubblici sia privati (v., in particolare, sentenza Régie Networks, cit., punto 122 e giurisprudenza ivi citata) e per il lasso di tempo necessario a porre fine a siffatta illegalità (v. in tal senso, segnatamente, citate sentenze Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 375, nonché Regie Networks, punto 126).

67 In proposito, è tuttavia sufficiente rilevare che, anche a voler ritenere che considerazioni analoghe a quelle sottese a detta giurisprudenza, sviluppata riguardo agli atti dell’Unione, possano condurre, per analogia e a titolo eccezionale, a una sospensione provvisoria dell’effetto di disapplicazione esercitato da una norma di diritto dell’Unione direttamente applicabile rispetto al diritto nazionale in contrasto con detta norma, una siffatta sospensione, le cui condizioni potrebbero essere determinate solo dalla Corte, va senz’altro esclusa nel caso di specie, in considerazione dell’assenza di esigenze imperative di certezza del diritto tali da giustificarla.

68 Dalla decisione di rinvio, infatti, risulta che, in tale fase, il giudice del rinvio, che è l’unico competente quanto alla valutazione dei fatti della controversia, ha ritenuto che la normativa restrittiva oggetto della causa principale non contribuisse effettivamente a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, sicché dalla giurisprudenza pregressa della Corte discendeva che una siffatta normativa, che non può giustificarsi con un obiettivo di prevenzione dell’incitamento a spese eccessive connesse al gioco e di lotta contro l’assuefazione allo stesso, viola gli artt. 43 CE e 49 CE.

69 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la prima questione va risolta nel senso che, per effetto del primato del diritto dell’Unione direttamente applicabile, una normativa nazionale relativa a un monopolio pubblico sulle scommesse sportive che, secondo quanto accertato da un giudice nazionale, comporti restrizioni incompatibili con la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, non contribuendo dette restrizioni a limitare l’attività di scommesse in maniera coerente e sistematica, non può continuare ad applicarsi per un periodo transitorio.

Sulla seconda questione pregiudiziale

70 Alla luce della soluzione apportata alla prima questione, non occorre procedere all’esame della seconda questione sollevata.

Sulle spese

71 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Per effetto del primato del diritto dell’Unione direttamente applicabile, una normativa nazionale relativa a un monopolio pubblico sulle scommesse sportive che, secondo quanto accertato da un giudice nazionale, comporti restrizioni incompatibili con la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, non contribuendo dette restrizioni a limitare l’attività di scommesse in maniera coerente e sistematica, non può continuare ad applicarsi per un periodo transitorio.

Firme

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* Lingua processuale: il tedesco.