Fine – ingloriosa – dell’Agenzia per il Terzo settore?

Notizie & Opinioni

1. Per cinque anni ho fatto parte del Consiglio dell’Agenzia per le Onlus (oggi: Agenzia per il terzo settore, come dirò), istituita nel 2002, la cui vicenda giuridica merita di essere raccontata quale esempio emblematico di un certo modo di procedere delle istituzioni nel nostro Paese.
Ricordo brevemente la (breve) storia dell’Agenzia.
L’art. 3 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 demandava (al comma 190) ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l’istituzione di “un organismo di controllo” per gli enti non commerciali e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, specificandosi che detto organismo “opera sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle finanze e garantisce, anche con emissione di pareri obbligatori e vincolanti, l’uniforme applicazione della normativa sui requisiti soggettivi e sull’ambito di operatività rilevante per gli enti di cui ai commi 186 e 188. L’organismo di controllo è tenuto a presentare al Parlamento apposita relazione annuale; è investito dei più ampi poteri di indirizzo, promozione e ispezione per la corretta osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia di terzo settore. Può inoltre formulare proposte di modifica della normativa vigente ed adottare provvedimenti di irrogazione di sanzioni”.
Il decreto previsto dalla legge è stato emanato con D.P.C.M. 26 settembre 2000, con cui è stata istituita la “Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale quale organismo di controllo degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”, ponendo la sede degli uffici a Milano, e demandando ad apposito regolamento la disciplina degli aspetti organizzativi. Da segnalare che, nel frattempo, era entrato in vigore il d.lgs. n. 300/1999, il cui art. 8 disciplina in via generale le Agenzie governative, prevedendo che esse “svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici”.
Il regolamento previsto dal D.P.C.M. del 2000 è stato adottato con D.P.C.M. 21 marzo 2001 n. 329, che ha specificato le competenze dell’Agenzia, la sua composizione e le principali regole di funzionamento.
In forza di ciò, l’Agenzia è stata costituita per la prima volta nel 2002 mediante la nomina di un Presidente (il prof. Lorenzo Ornaghi) e di nove componenti [I membri nominati sono stati nove e non dieci: il decimo è stato infatti nominato soltanto nel 2004: di conseguenza esso è rimasto in carica fino al 2009 ed è stato sostituito nel 2010, ragion per cui anche nel 2007 sono stati nominati nove membri anziché dieci] che hanno costituito il Consiglio. Alla loro scadenza, dopo i cinque anni previsti dalla legge, il Governo (in quel momento presieduto da Romano Prodi) ha provveduto alla loro tempestiva sostituzione: Presidente è stato nominato il prof. Stefano Zamagni e altri nove membri sono stati nominati dal Presidente del consiglio, alcuni di questi, sempre secondo le previsioni legislative, previa designazione di alcuni ministeri.
Secondo quanto stabilito nel regolamento, all’Agenzia, in sede di prima applicazione, avrebbe dovuto essere attribuito “un numero non superiore a quindici unità di personale messe a disposizione dal comune di Milano, nonché di un contingente non superiore a venti unità di personale di cui un numero non superiore a dieci provenienti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero delle finanze, dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e un numero non superiore a dieci provenienti da altre amministrazioni pubbliche e dagli enti locali, collocati in posizione di comando, fuori ruolo o altra equipollente secondo i rispettivi ordinamenti, nelle forme previste dalla normativa vigente”. Nell’arco temporale della sua esistenza, l’Agenzia, invece, non ha avuto alcun trasferimento di personale da parte dell’amministrazione statale: sì che il personale necessario per il suo funzionamento è stato garantito o mediante forme di collaborazioni saltuarie ovvero mediante distacchi dalle amministrazioni locali (in particolare, Regione Lombardia, Provincia di Milano e Comune di Milano) [Il numero delle risorse è variato nel tempo: nell’anno 2008 erano stati autorizzati distacchi o comandi da altre amministrazioni pubbliche per 16 unità di personale, mentre nel 2011 tale numero è ridotto a 6. Compongono la dotazione di risorse anche due ulteriori unità, con contratto di lavoro a tempo determinato. L’attuazione dei programmi di attività dell’Agenzia è sostenuta anche da temporanei supporti esterni forniti da terzi, individuati mediante apposite procedure di gara].
In sostanza, dunque, l’Amministrazione centrale si è limitata a trasferire all’Agenzia un contributo annuale per le spese di funzionamento: tale contributo è andato peraltro sensibilmente diminuendo nel corso egli anni. Se infatti l’assegnazione finanziaria annuale negli anni 2002 – 2005 è stata pari a euro 2.585.285, essa è scesa a euro 1.160.313 per il 2010 e a euro 726.000 per il 2011. In sostanza, dal 2002 al 2011 vi è stata una riduzione di circa il 70% dei fondi trasferiti dallo Stato (senza contare gli effetti dell’inflazione).

2. L’attività svolta dall’Agenzia nel corso degli anni può essere valutata da chiunque: essa è puntualmente segnalata sul relativo sito web.
Pur nella difficoltà di rendicontarla adeguatamente, e nell’impossibilità di dare un giudizio di tipo qualitativo (specie da parte di chi, come me, ne ha fatto parte), valgano alcuni dati di tipo quantitativo: ai quali -personalmente- non attribuisco particolare valore, ma che nondimeno nella fase attuale sembrano costituire gli unici elementi di valutazione di produttività (come dimostra ad esempio la vicenda della valutazione dell’attività scientifica e di ricerca del sistema universitario).
Dunque, vediamo qualche dato.
L’Agenzia è tenuta ad esprimere pareri obbligatori rilasciati alle Direzioni regionali dell’Agenzia delle Entrate (in forza di quanto previsto dall’art. 4, comma 2, lett. f) del D.P.C.M. n. 329 del 2001): in relazione a tale competenza sono stati resi, nel corso degli ultimi cinque anni, un totale di 3650 pareri (782 nel 2007, 828 nel 2008, 1127 pareri nel 2009, 600 nel 2010 e 313 nel 2011). Si precisa che questi pareri sono stati richiesti dalle diverse direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate: e l’Agenzia ha risposto a tutti, in tempi rapidi e utili per le successive deliberazioni dell’Agenzia delle entrate. In secondo luogo, occorre rilevare che in tutti questi casi l’Agenzia ha dovuto valutare se enti iscritti nell’Anagrafe delle Onlus potevano rimanervi legittimamente: e il parere positivo dell’Agenzia alla richiesta di cancellazione formulata dall’Agenzia delle entrate (nella stragrande maggioranza di casi -circa il 90%- si è infatti trattato di pareri favorevoli alla cancellazione) ha comportato pertanto il superamento di una situazione di illegittimità e, conseguentemente, di minore ricavo fiscale da parte dello Stato.
Un’altra competenza dell’Agenzia riguarda l’espressione di pareri rilasciati ad altre amministrazioni pubbliche (secondo quanto previsto dall’art. 4, commi 1 e 2 del D.P.C.M. n. 329 del 2001): sempre nell’ultimo quinquennio tali pareri sono stati complessivamente 272, riguardanti anche temi di particolare rilievo generale (quali, ad esempio, la possibile partecipazione di una organizzazione di volontariato ad una cooperativa sociale; l’iscrivibilità nei registri regionali delle associazioni di promozione sociale di una articolazione territoriale; iscrizione nel registro delle organizzazioni di volontariato di un ente avente natura di fondazione; la non obbligatorietà del regolamento per gli enti ecclesiastici; la configurabilità come Onlus delle fabbricerie, e così via). A ciò devono aggiungersi 412 pareri resi su richiesta di soggetti privati, anch’essi relativi a tematiche di particolare rilievo.
Con riguardo invece ai pareri, previsti non soltanto come obbligatori ma anche come vincolanti, circa le devoluzioni di patrimonio in caso di scioglimento di un’organizzazione (art. 3, comma 1, lett. k) del D.P.C.M. n. 329 del 2001), oltre alla predisposizione del Regolamento per il rilascio del parere in merito alla devoluzione del patrimonio in caso di estinzione e/o perdita della qualifica di onlus, sono stati resi 241 pareri complessivi (con un numero crescente nel corso del quinquennio).
Insieme a questa attività per così dire “obbligata”, l’Agenzia, specie negli ultimi cinque anni, ha particolarmente sviluppato la produzione di “atti di indirizzo”, finalizzati alla regolazione del settore e ad orientare i comportamenti delle organizzazioni. Tali documenti sono spesso stati il frutto di un lavoro preliminare svolto da un gruppo di esperti, nel quale è stato sviluppato anche un confronto con i soggetti interessati; successivamente le proposte sono state presentate al Consiglio dell’Agenzia che le ha approvate, con le modifiche ed integrazioni del caso, in via preliminare; dopo un ulteriore confronto con le organizzazioni -mediante audizioni od iniziative aperte- gli atti sono stati definitivamente deliberati dal Consiglio.
Tra questi provvedimenti possiamo segnalare i seguenti: le Linee guida per la redazione del bilancio di esercizio degli enti non profit (2009); le Linee guida per la tenuta dei registri del volontariato (il documento, definito nel 2009, è stato realizzato da un gruppo di lavoro costituitosi con le rappresentanze delle Regioni, presso la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, con il coordinamento dell’Agenzia); le Linee guida per la redazione del bilancio sociale delle organizzazioni non profit (prima approvazione nel 2009 ed approvazione definitiva nel 2011); le Linee guida per il sostegno a distanza di minori e giovani (2009); le Linee guida per la raccolta di fondi (prima approvazione nel 2009 ed approvazione definitiva con deliberazione nel 2010); le Linee guida sulla definizione di criteri e di modelli per la partecipazione del terzo settore alla determinazione delle politiche pubbliche a livello locale (2011) [Su cui v. il positivo commento, in sede scientifica, di F. PIZZOLATO, Decidere con i cittadini: nota a proposito delle Linee guida dell’Agenzia per il terzo settore, in Labsus, febbraio 2012].
Merita sottolineare al riguardo di tali atti come essi costituiscano un esempio di soft law in campi ove risulta assente una disciplina di tipo legislativo: e si tratta di ambiti di particolare rilievo, sia da un punto di vista economico-sociale (si pensi ad esempio all’attività di raccolta fondi organizzate e realizzate da enti non profit anche mediante mezzi telefonici o telematici; ovvero alle azioni di sostegno a distanza nei confronti di minori, che riguardano un numero sempre crescente di soggetti coinvolti ed un notevole giro di denaro) che per quanto riguarda la tutela della fede pubblica e, con essa, la stessa credibilità dell’intero terzo settore. Ma lo strumento utilizzato rivela la sua innovatività ed efficacia anche in considerazione delle modalità procedurali mediante le quali esso è giunto alla sua definizione, come sopra si è indicato: le Linee guida sono infatti state il risultato di un processo partecipativo, cui hanno preso parte gli stessi soggetti interessati al tema, in una sorta quindi di auto-regolazione rispetto alla quale l’Agenzia ha svolto una funzione di stimolo, di coordinamento e -insieme- di validazione dei risultati raggiunti.
Numerosi sono stati poi gli atti di indirizzo finalizzati a favorire l’uniforme applicazione della normativa in ambito nazionale: tra i principali possiamo ricordare quello sull’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro riguardante gli atti fondativi per le Organizzazioni di Volontariato; quello relativo alla partecipazione nella Onlus (in particolare: fondazioni di partecipazione) di “soggetti esclusi” (enti pubblici e società commerciali) in qualità di soci e/o fondatori; quello sulla contestuale iscrizione di un’associazione di promozione sociale nel Registro di cui all’art. 7 della L. n. 383/2000 e nell’Anagrafe Unica delle Onlus di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 460/1997; uno sulle partecipazioni detenute da Onlus in soggetti aventi qualifica di impresa sociale; uno ancora sulla configurabilità del Trust Onlus. Sempre nel 2011 sono stati approvati due documenti di carattere interpretativo su temi particolarmente delicati in merito all’applicazione della normativa vigente: quello sulla nozione di “diritti civili” e quello sulla nozione di “soggetti svantaggiati”.
Per quanto poi riguarda la normativa generale relativa al Terzo settore, l’Agenzia ha predisposto un articolato documento contenente proposte per una revisione organica della legislazione sul terzo settore (frutto di un lavoro che ha preso le mosse da un gruppo tecnico composto da giuristi di varie università italiane e discusso nel corso di seminari appositamente organizzati), approvato dal Consiglio nel 2009 e inoltrato al Governo. Tale lavoro rispondeva peraltro ad un obiettivo che lo stesso Esecutivo si era posto: nel Libro bianco sul futuro del modello sociale, presentato nel 2009 dal Ministro per il Welfare, si leggeva infatti come, a parere del Governo, fosse “necessario aprire una “stagione costituente” per il terzo settore dedicata a produrre le soluzioni legislative idonee a promuoverne le straordinarie potenzialità”. Malgrado tale dichiarata intenzione, lo stesso Governo ha seguito invece -un po’ a sorpresa- la strada di una revisione del Libro primo del codice civile [Recte: ha espresso l’intenzione di seguire la strada (che è cosa ben diversa da seguirla, secondo la nota differenza intercorrente tra il dire e il fare…), come dimostra la vicenda che subito si indicherà, nel testo] (che, come noto, riguarda una parte del tutto marginale rispetto alle problematiche normative relative al terzo settore): peraltro, anche in questo caso, con una vicenda che ha del paradossale. Mentre infatti il sito ufficiale del Ministero della Giustizia annunciava l’approvazione della relativa proposta in data 31 marzo 2011 (“Codice civile: Alfano, in CdM approvata importantissima riforma su no profit e sussidiarietà”), il relativo testo in verità non è mai uscito da Palazzo Chigi, e ad oggi nessuna proposta al riguardo risulta ancora pervenuta in Parlamento (sic!).
Alle iniziative di cui si è sin qui detto, deve aggiungersi un’attività di tipo culturale-scientifico: l’attivazione di una rivista dell’Agenzia (“Aretè. Quadrimestrale dell’Agenzia per le Onlus”, di cui sono usciti 12 numeri -tre per ogni anno, a partire dal 2008- ed alcuni supplementi); la redazione e pubblicazione di quattro lavori monografici (il Libro bianco sul terzo settore e Il Terzo settore nell’Italia unita, entrambi editi dal Mulino nel 2011; Beni confiscati alle mafie: il potere dei segni. Viaggio nel Paese reale tra riutilizzo sociale, impegno e responsabilità nel 2009; Il Terzo settore dalla A alla Z nel 2011); alcune ricerche svolte in collaborazione con istituzioni di ricerca universitarie a livello nazionale.
Tale attività, e la restante di cui in questa sede non è il caso di richiamare, è stata costantemente rendicontata al Governo: ogni anno infatti l’Agenzia ha predisposto -come richiede il regolamento- una relazione annuale sull’attività svolta, presentata al Governo nel corso di un’apposita conferenza svolta ogni anno a Palazzo Chigi alla presenza (almeno) del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, in rappresentanza dell’autorità vigilante dell’Agenzia.
Nel corso di tali incontri costanti sono stati gli apprezzamenti governativi nei confronti dell’attività dell’Agenzia: nella conferenza del luglio 2009, ad esempio, il Sottosegretario Gianni Letta ha affermato che “l’attività di promozione, sensibilizzazione e stimolo svolta dall’Agenzia appare indispensabile (sic!). Nel rispetto dei diversi ruoli istituzionali, il contributo dell’Agenzia, come soggetto istituzionale che ha una conoscenza specifica ed esercita una stabile attività di vigilanza sul settore, è necessario sia per il legislatore, sia per le altre amministrazioni pubbliche che hanno specifiche competenze sui soggetti in esso operanti” [Intervento di Gianni Letta alla Presentazione della Relazione annuale dell’Agenzia per le Onlus. Roma, Palazzo Chigi, 6 luglio 2009, in Areté, n. 2/2009, 19].

3. Alla luce dell’esperienza realizzata, negli ultimi anni l’Agenzia ha avanzato, tra le altre, una proposta di ridefinizione dei propri compiti,: dapprima proponendo il cambiamento della denominazione, al fine di renderla più adeguata all’attività da essa effettivamente svolta (da Agenzia per le Onlus a Agenzia per il terzo settore [Ciò in quanto l’ambito di azione dell’Agenzia non è limitato alla promozione, sorveglianza e indirizzo nei confronti delle Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale), ma riguarda anche -a norma di legge- gli enti non commerciali: da qui la necessità di ridefinire il nome in ragione delle funzioni effettivamente attribuite]) e -insieme- una rimodulazione delle competenze ad essa attribuite; in secondo luogo, proponendo la trasformazione della stessa Agenzia in Autorità indipendente, al fine di essere dotata degli strumenti necessari per esercitare una vera azione di sorveglianza e controllo nei riguardi dei soggetti del terzo settore [Già nella prima Relazione della seconda consiliatura, quella relativa all’anno 2007, si legge: “uno degli obiettivi sostanziali del quinquennio 2007-2011 è la trasformazione dell’Agenzia in Autorità a tutti gli effetti, con poteri da una parte ispettivi e sanzionatori, ma soprattutto di riferimento autorevole e reale supporto al settore”].
Quanto ai primi punti, il Governo ha provveduto a modificare il precedente regolamento con uno successivo giunto alla sua formalizzazione nel gennaio 2011, dopo una gestazione durata mesi se non anni (DPCM 26 gennaio 2011, n. 51): con esso è stata cambiata la demominazione (in “Agenzia per il terzo settore”, come si è detto) e sono state previste alcune ulteriori funzioni. Con lo stesso regolamento è stata altresì modificata la composizione del Consiglio, portata da dieci a quattro membri (con effetto dal rinnovo del Consiglio in carica).
Per quanto riguarda invece la seconda proposta (la trasformazione in Autorità), sebbene essa sia stata accolta con grande favore in sede governativa -come si evince chiaramente dalle reazioni della Presidenza del consiglio alle ultime Relazioni annuali-, nessuna azione concreta è stata posta in essere per la sua realizzazione.
Nel frattempo, tuttavia, alcuni interventi legislativi hanno prodotto alcuni cambiamenti non marginali relativi all’Agenzia.
In primo luogo, il decreto legislativo 24 marzo 2006 n. 155, contenente la disciplina all’impresa sociale ha attribuito ulteriori compiti all’Agenzia: in particolare, l’art. 13 ha stabilito che “per le organizzazioni che esercitano un’impresa sociale, la trasformazione, la fusione e la scissione devono essere realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro (…); la cessione d’azienda deve essere realizzata in modo da preservare il perseguimento delle finalità di interesse generale (…)”; tali atti “devono essere posti in essere in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale”.
Il secondo intervento legislativo si è avuto con il decreto legge n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010. In particolare, l’art. 6 comma 2 di detto decreto ha stabilito che “la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta giornaliera”. Il comma 3 esclude dall’applicazione di tale previsione le pubbliche amministrazioni “di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, incluse le autorità indipendenti”, stabilendo che per esse non si elimina il compenso ma lo si riduce del 10%. La disposizione cui si rinvia si limita a stabilire quanto segue: “La ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall’ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale”, mentre a sua volta il comma 2 stabilisce che “Ai fini della presente legge, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari” [Il quale Istat, merita rilevare, ha inserito l’Agenzia (rimasta come Agenzia per le onlus) come il primo ente che compare nel gruppo di classificazione delle autorità indipendenti nell’elenco delle pubbliche amministrazioni emesso annualmente!].
La corretta interpretazione di tale disposizione è stata oggetto di una vicenda che ha aspetti paradossali. L’amministrazione dell’Agenzia, infatti, sulla base di una incerta formulazione della disposizione, ha richiesto all’Amministrazione sorvegliante (la Presidenza del consiglio) la corretta interpretazione, sospendendo nel frattempo la corresponsione dei compensi al Presidente e ai consiglieri. La Presidenza del Consiglio dei ministri (da cui proveniva il decreto-legge, occorre ricordare), con relazione del 21 settembre 2010 ha a sua volta richiesto un “avviso” al Consiglio di Stato su come si doveva interpretare un decreto-legge da essa stessa scritto ed approvato (comportandosi come il secondino nel celebre “Don Raffaè” di Fabrizio de André: “mi consiglio con don Raffae’, mi spiega che penso e bevimm’ò cafè”): questi ha dapprima richiesto pareri alle varie amministrazioni coinvolte (Dipartimento Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, Ministero dell’Economia e delle Finanze), le quali hanno espresso posizioni in linea generale contrarie all’abolizione del compenso per i componenti dell’Agenzia: malgrado questo, con parere reso in data 23 gennaio 2012 il Consiglio di Stato ha espresso l’avviso che ai componenti dell’Agenzia non spettasse alcun compenso, attesa “la necessità di interpretare rigorosamente la norma del comma 2 al fine di garantire il conseguimento del risultato di contenimento della spesa pubblica perseguito dalla manovra, ammettendo eccezioni solo ove normativamente ed espressamente previste”. Inoltre, il Consiglio di Stato rileva che sebbene il D.P.C.M. del 2001 abbia denominato l’organismo di controllo “Agenzia”, ciò non ha tuttavia comportato “il pieno approdo dello stesso nel novero delle amministrazioni indipendenti, essendo qualificabile l’organismo quale agenzia “atipica” avente funzioni di indirizzo, promozione, vigilanza ed ispezione sulle ONLUS e sul terzo settore”. E tuttavia il medesimo parere conclude con il rilevare che “la natura finanziaria emergenziale delle disposizioni della manovra, improntate ad una logica di risparmi di spesa generalizzati, potrebbe determinare un rischio di compromissione di rilevanti interessi pubblici sottesi alla normativa rendendo non effettive ad es. le delicate funzioni di vigilanza dell’Agenzia, per cui si prospetta l’eventualità, stante il carattere necessariamente “sperimentale” di una legislazione così innovativa e legata a necessità stringenti di finanza pubblica, di riconsiderare in futuro la situazione, ove ad es. dovesse emergere l’incongruità degli assetti organizzativi garantiti da incarichi di tipo solo onorifico per funzioni comportanti notevoli responsabilità amministrativo-contabili”. Affermazione di una certa gravità, quest’ultima, perché fa trasparire il dubbio che a degli incarichi di tipo onorifico possano corrispondere (come in effetti è) responsabilità amministrativo-contabili: tanto è vero che i componenti dell’Agenzia hanno ritenuto opportuno stipulare, in parte a propria spese, apposita assicurazione; così che l’incarico onorifico è diventano anche oneroso! E in ogni caso l’affermazione del Consiglio di Stato risulta quasi beffarda nei confronti degli attuali componenti l’Agenzia: essa suona infatti come se dicesse all’amministrazione: “ripensateci bene per il futuro, e magari cambiate la norma, ma intanto fate pure lavorare gratis quelli che ci sono” (rectius: con un gettone di presenza di 30 euro lordi!).
Negli ultimi due anni circa di funzionamento dell’Agenzia, dunque, ai componenti non è stato corrisposto alcun compenso: ciò non ha impedito tuttavia la prosecuzione del lavoro, con il mantenimento dell’attività sui medesimi ritmi e standards degli anni precedenti.

4. Malgrado dunque tutte le affermazioni -più o meno di circostanza- sull’utilità del lavoro svolto dall’Agenzia e sulla necessità imprescindibile della sua esistenza, dal Governo Berlusconi in poi è stata seguita, nei fatti, una politica di lenta eutanasia. Non si è mai trasferito personale dalle amministrazioni centrali; si sono radicalmente ridotti i fondi per il funzionamento; si sono eliminati i compensi per il Presidente e per i membri del Consiglio. Mancava soltanto il colpo finale, e questo è arrivato (o pare essere arrivato), in modi in verità un po’ inaspettati: almeno per chi è avvezzo a ritenere che anche la forma ha la sua importanza.
Nel gennaio 2012 il Consiglio dell’Agenzia è giunto alla scadenza. In assenza di un qualche intervento da parte governativa, i membri sono rimasti in carica (in regime di prorogatio) per 45 giorni, in attesa che il Governo procedesse al rinnovo. Senza che questo avvenisse, tuttavia, il Ministro del Lavoro, intervenendo nel corso di un convegno sui servizi per l’infanzia organizzato dal consorzio Pan a Milano il 28 gennaio 2012, ha annunciato che il Governo (?) aveva deciso (?) di sopprimere l’Agenzia, dato che questa risulta essere “l’unica soluzione possibile” giacché “fare un’altra authority non si può”, e completando l’elaborato iter argomentativo affermando che “Tenerla in vita sarebbe stata la riprova che in Italia non si può chiudere niente”. Naturalmente aggiungendo un “mi dispiace” (questa volta però senza commozione): ove una specificazione del motivo di tale sofferenza interiore forse avrebbe potuto aiutare a comprendere le ragioni che sono state ponderate in vista della soluzione finale.
Al momento in cui scrivo non è chiaro né se a tale annuncio faccia seguito una qualche delibera governativa; né tantomeno come tale decisione sia maturata (quando fino a qualche settimana prima si parlava della trasformazione dell’Agenzia in Autorità, ricordiamo), né con quale forma essa verrà adottata: è sperabile almeno che ciò avvenga mediante una legge, dato che la sua istituzione è prevista con atto di tale forza. Magari sarà inserita in qualche decreto-legge, dato che ormai le ragioni di straordinaria necessità ed urgenza (richieste dalla Costituzione: qualcuno lo ricorda?) si trovano per qualsiasi provvedimento. Per il momento ci dobbiamo accontentare di una notizia uscita nell’ambito del “potere di esternazione” di un Ministro, in attesa di leggere sulla Gazzetta ufficiale gli unici atti che possono produrre effetti.
Che dire, in conclusione, di questa vicenda?
In un momento in cui la parola d’ordine è “meritocrazia”, è evidente a tutti che la decisione di chiudere un’Agenzia dovrebbe conseguire ad una attenta e puntuale valutazione in termini di utilità, efficienza, produttività, ecc.: non è questo lo stile che dovrebbe segnare i nuovi tempi della meritocrazia?
Lungi da me l’idea che tutto questo non sia stato fatto: senz’altro la decisione comunicata così autorevolmente dal Ministro nel corso di un convegno è il frutto di un’approfondita analisi del lavoro svolto in questi cinque anni, tale da rovesciare le considerazioni e le valutazioni dei governi precedenti (il Governo Prodi e il Governo Berlusconi [Ricordiamo quanto affermato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: “l’attività di promozione, sensibilizzazione e stimolo svolta dall’Agenzia appare indispensabile”…]). Se così è stato (non possiamo pensare che un governo di professori agisca se non sulla base della meritocrazia!), forse un elementare principio di leale collaborazione avrebbe suggerito di coinvolgere in questa operazione la stessa Agenzia, che non solo è Agenzia governativa, ma il cui Consiglio è giunto alla scadenza, senza possibilità di essere rinominato: ragion per cui esso avrebbe potuto offrire valutazioni non condizionate da eventuali interessi personali. Come pure sarebbe stato opportuno ascoltare prima le ragioni del “mondo” del terzo settore, che è direttamente riguardato dalla decisione governativa: non so al riguardo quali consultazioni siano state svolte, ma certo le reazioni suscitate dall’esternazione convegnistica del ministro inducono a ritenere che nessuno sia stato sul punto consultato [Si vedano al riguardo i comunicati del Forum del terzo settore, soggetto rappresentativo di buona parte delle organizzazioni operanti nel nostro Paese; come pure del Forum del Sostegno a distanza (Forumsad), di Arci, di Auser, di Ciessevi, dell’Anpas (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze), dell’Istituto Italiano della Donazione e di molte altre organizzazioni. Come si legge in Agenzia per il Terzo Settore: Fornero ci spiace, dobbiamo chiuderla, in Repubblica – Blog, 30 gennaio 2012, “la notizia è stata data dal Ministro Fornero a margine di un convegno tenutosi a Milano, senza alcun preavviso né tantomeno alcuna consultazione e confronto con le rappresentanze delle associazioni, ed in particolare con il Forum Nazionale del Terzo Settore”].
A ciò si aggiunga che -come detto- un anno prima della decisione di chiudere l’Agenzia, il Governo aveva adottato un D.P.C.M. che aumentava le competenze della stessa e ne ridefiniva la composizione: al riguardo non è certo vietato ad un Governo cambiare idea così repentinamente (lo ius poenitendi non si nega a nessuno, figuriamoci in politica), ma forse -prima di ricambiare le carte in tavola- sarebbe stato opportuno sperimentare il gioco con le carte appena mescolate [Come ha osservato ad esempio Ideanna Giuliani, vice Presidente di Arci Milano, “lascia ancor più perplessi se si pensa che non più di un anno fa ne fu addirittura modificata la definizione (da Agenzia per le Onlus in Agenzia per il Terzo Settore) sottintendendo in questa scelta non tanto un mero restyling di denominazione, bensì un ampliamento dell’ambito di competenza, che avrebbe dovuto passare in questo modo da un limitato segmento di soggetti (le onlus appunto) a tutto il ben più ampio comparto del terzo settore italiano”].
Ed infine una considerazione circa le possibili conseguenze della descritta vicenda sulle organizzazioni del terzo settore. Mi auguro che il comportamento del governo non abbia influenze negative, ed anzi ne abbia di positive, sul mondo del terzo settore e sull’attività che esso svolge. L’esperienza induce a ritenere infatti che di quel mondo occorre dare una valutazione oltremodo positiva per quanto riguarda la sua capacità di offrire risposte ai bisogni delle persone e di garantire livelli di welfare messi sempre più in difficoltà dalla situazione economica complessiva, come pure per il ruolo insostituibile che esso svolge per l’attuazione del principio di sussidiarietà sancito nella nostra Carta costituzionale. In tal senso non mancano occasioni di interventi pubblici, anche ai massimi livelli istituzionali, che riconoscono questo ruolo e questa funzione.
Al contempo la stessa esperienza del nostro Paese dimostra come quel mondo abbia al proprio interno elementi di criticità, possa nascondere possibili abusi e deviazioni, non sia immune da contrasti interni ed esterni alle varie organizzazioni.
Ed allora sia la valorizzazione che la vigilanza sono attività essenziali per garantire un corretto sviluppo del terzo settore e, più in generale, di tutta l’azione pubblica e privata: fondamentale in questo è che la scelta di chiudere l’Agenzia (se tale sarà confermata) e di trasferirne le competenze ad una struttura ministeriale non vada a scapito della qualità dell’azione sin qui svolta e da svolgere. Personalmente me lo auguro, perché la speranza è l’ultima a morire, ma qualche dubbio, sul piano dell’organizzazione della pubblica amministrazione, è lecito nutrire. In primo luogo perché lo scopo che ha mosso il legislatore italiano a istituire agenzie è, come si detto all’inizio, legato alle specifiche competenze di carattere tecnico-operativo di interesse nazionale che ad esse sono attribuite: ed il fatto che sia stata scelta quella strada -in termini generali- è la dimostrazione che le medesime competenze non possono essere esercitate da una struttura ministeriale. In secondo luogo va ricordato che la scelta del legislatore è stata di istituire “un organismo di controllo”: come tale, esso richiede e presuppone un certo grado di autonomia rispetto all’organizzazione governativa, funzionale all’azione che esso deve svolgere, non condizionato da pressioni o motivazioni di carattere politico (come è invece implicito nell’azione dell’esecutivo).
Per queste ragioni mi auguro che la scelta di trasferire le funzioni dell’Agenzia per il Terzo settore ad un ministero venga attentamente rimeditata, e in ogni caso che siano apprestate misure adeguate affinché le funzioni ad essa attualmente attribuite non siano sacrificate in ragione di soluzioni dettate da finalità meramente propagandistiche.