A proposito di procreazione medicalmente assistita (editoriale)


1. – Tra poche settimane – il 12 giugno – i cittadini italiani saranno chiamati ad esprimersi sulle quattro richieste di abrogazione parziale della legge n. 40 del 2004. Il dibattito politico e gli opinionisti sembrano preoccuparsi solo della partecipazione o meno al voto e delle conseguenze (nonché della legittimità o meno) dell’astensionismo dal voto. Pochi sembrano occuparsi invece dei tanti e complessi problemi che il contenuto delle disposizioni sottoposte alla richiesta referendaria sollevano. Una discussione nel merito che invece appare essenziale se si vuole favorire un voto consapevole e la più ampia partecipazione popolare ad un referendum su questioni non solo importanti e delicate, che coinvolgono aspetti giuridici e politici, ma anche legati alla più ampia sfera della civiltà e delle visioni del mondo dei consociati. Chiarire, inoltre, dal punto di vista “tecnico” (oltre che politico) le diverse questioni che si sovrappongono su temi di frontiera tanto delicati e, almeno per alcuni aspetti, “nuovi” quali quelli legati alle tecnologie riproduttive e all’uso di queste sia per la procreazione, sia per la ricerca sanitaria, appare essenziale, se ci si vuole “schierare” consapevolmente. Una complessità che richiama competenze e conoscenze giuridiche diverse, e non solo giuridiche.

Per fornire un contributo al dibattito pubblico e al fine di approfondire alcune tra le tante questioni controverse che la legge n. 40 solleva, la Direzione della rivista Costituzionalismo.it ha ritenuto utile richiedere a studiose di diverse discipline una loro riflessione: non solo per indagare i profili costituzionali (che più direttamente ci preoccupano ratione materiae), ma anche quelli d’ordine privatistico, filosofico e medico. Al primo intervento che pubblichiamo insieme al presente editoriale, seguiranno quindi altri contributi richiesti dalla Direzione a studiose delle diverse discipline e rappresentative di una sensibilità “altra” rispetto a quella punitiva che sembra caratterizzare l’ispirazione di fondo della legge che si chiede di abrogare.

2. – Oltre al contenuto particolarmente rilevante di questa tornata referendaria, legata all’oggetto specifico delle quattro richieste abrogative, v’è un ulteriore aspetto che appare non essere stato messo a fuoco nel dibattito corrente, neppure tra i costituzionalisti; i quali dovrebbero invece essere sensibili ai mutamenti di natura ed all’analisi dei caratteri propri dei diversi referendum. Si allude al fatto che un referendum (recte: una serie di referendum contestuali) così chiaramente ispirato da ragioni collegate alla battaglia per i diritti civili, di carattere strettamente abrogativo di una legge ritenuta regressiva ed oscurantista rispetto ad un ordine civile che si vuole più evoluto ed aperto, non si proponeva da tempo. Un “sapore” di antico (immediato è il richiamo ai primi due referendum storici svolti in epoca repubblicana: quello relativo all’abrogazione delle leggi sul divorzio e sull’aborto), ma che segnala una svolta e un abbandono – solo momentaneo? – dell’uso dequalificato (nelle ipotesi dei referendum su questioni marginali), improprio (con fini di costruzione di uno specifico indirizzo politico) ovvero manipolato (il caso dei referendum in materia elettorale) dello strumento referendario.

Al fine di contribuire a riflettere sul “modello” di referendum e sui “caratteri” specifici di queste ultime richieste abrogative si pubblica, a chiusura della presente Sezione dedicata al tema della procreazione medicalmente assistita, un intervento svolto alla vigilia della pronuncia della Corte costituzionale che ha ammesso quattro delle cinque richieste referendarie. Un contributo nel quale si richiama l’attenzione proprio sull’istituto referendario e sulla sorte di questo. Auspicando, in particolare, un intervento incisivo della Corte costituzionale, che, mettendo fine alle incertezze della sua giurisprudenza in materia di ammissibilità delle richieste referendarie, favorisca la (ri)definizione di un modello costituzionalmente fondato di referendum abrogativo. La Corte – come era prevedibile, per le ragioni accennate nello stesso scritto che si pubblica – non ha ritenuto di dovere ripensare sostanzialmente la propria giurisprudenza sindacando l’ammissibilità dei referendum sulla procreazione medicalmente assistita (cfr. le sentt. nn. 45-49 del 2005). Il problema però non solo rimane, ma anzi diventa più acuto: non supportato da esplicite indicazioni da parte della Corte, chissà cosa ci riserva la fantasia dei futuri comitati promotori collegata con le imponderabili vicende politico-legislative dei prossimi anni. I costituzionalisti non potranno sfuggire alla responsabilità di sbilanciarsi, indicando qual è il modello e i caratteri che la nostra Costituzione impone. L’intervento che si pubblica lo fa fin da ora, in una prospettiva già altre volte auspicata, ma che per ora non è risultata maggioritaria. Perché escludere che possa diventarlo in futuro?

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