Cinque domande su saggi e riforme.

Ordinario di Diritto costituzionale – Università Federico II di Napoli

 

Il treno delle riforme è partito. Se il buon giorno si vede dal mattino, è il caso di prepararsi al peggio. L’iniziativa presenta tratti comuni con quelle del passato, insieme a considerevoli novità.

I.  Scrivere, o scegliere?

Anzitutto, i saggi. Senza alcune valutazione sulle persone – forse impropria e comunque inutile – la domanda è: perché? Dopo trent’anni di discussioni e tre bicamerali, sono agli atti centinaia di proposte presentate in entrambi i rami del Parlamento, pregevolissimi studi e dossier degli uffici studi di camera e senato, infiniti contributi della scienza giuridica. Materiali – oggi immediatamente reperibili anzitutto negli archivi parlamentari – che riempirebbero intere biblioteche. Sono stati considerati tutti i possibili modelli, in ogni variante, declinazione, sfumatura, e adattamento al sistema italiano. In questa situazione, a che servono i saggi? Cosa mai potrebbero inventarsi di nuovo e mai pensato prima? Quale mancanza di attenzione a questa o quella opzione dovrebbero mai correggere?

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