Corte di giustizia, cittadinanza dell’Unione e condizioni per la limitazione del diritto dei cittadini di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri

La Corte di giustizia stabilisce che il diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio di un altro Stato membro può essere limitato nel caso in cui il cittadino sia stato precedentemente rimpatriato da quest’ultimo in quanto vi si trovava in «situazione illegale». Ciò non osta alla normativa comunitaria a condizione che “da una parte, il comportamento personale di tale cittadino costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società e, dall’altra, il provvedimento restrittivo che si intende adottare sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo.”

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

10 luglio 2008 (*)

«Cittadinanza dell’Unione – Art. 18 CE – Direttiva 2004/38/CE – Diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri»

Nel procedimento C‑33/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunalul Dâmboviţa (Romania) con decisione 17 gennaio 2007, pervenuta in cancelleria il 24 gennaio 2007, nella causa

Ministerul Administraţiei şi Internelor – Direcţia Generală de Paşapoarte Bucureşti

contro

Gheorghe Jipa,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. A. Tizzano (relatore), A. Borg Barthet, M. Ilešič ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per il governo rumeno, dalla sig.ra E. Ganea, in qualità di agente;

– per il governo greco, dalle sig.re E. Skandalou e G. Papagianni, in qualità di agenti;

– per la Commissione delle Comunità europee, dalle sig.re D. Maidani e I. Trifa, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 febbraio 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 18 CE e 27 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77; rettificata in GU L 229, pag. 35).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia vertente su una domanda presentata dal Minister Administraţiei şi Internelor – Direcţia Generală de Paşapoarte Bucureşti (Ministero rumeno dell’Amministrazione e degli Interni – Direzione generale dei passaporti di Bucarest; in prosieguo: il «Minister») e volta a ottenere una decisione del Tribunalul Dâmboviţa che vieti al sig. Jipa, cittadino rumeno, di recarsi in Belgio per un periodo massimo di tre anni.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3 L’art. 4, n. 1, della direttiva 2004/38 così recita:

«Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, ogni cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità e i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e muniti di passaporto in corso di validità hanno il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro».

4 A norma dell’art. 27, nn. 1 e 2, della direttiva 2004/38:

«1. Fatte salve le disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione [e di soggiorno] di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici.

2. I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.

Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione».

La normativa nazionale

5 L’art. 1 dell’accordo del 1995 tra il governo di Romania, da una parte, e i governi del Regno del Belgio, del Granducato di Lussemburgo e del Regno dei Paesi Bassi, dall’altra, relativo alla riammissione delle persone che si trovano in situazione illegale, approvato con decreto del governo rumeno n. 825/1995 (Monitorul Oficial al României del 20 ottobre 2005, n. 241; in prosieguo: l’«accordo di riammissione»), dispone quanto segue:

«Il governo rumeno riammette nel proprio territorio, su richiesta del governo del Belgio, del Lussemburgo o dei Paesi Bassi e senza alcuna formalità, chiunque non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso o di soggiorno rispettivamente applicabili sul territorio del Belgio, del Lussemburgo o dei Paesi Bassi, laddove sia stabilito o si presuma che si tratti di un cittadino rumeno».

6 L’art. 3, nn. 1 e 3, della legge 20 luglio 2005, n. 248, relativa al regime di libera circolazione dei cittadini rumeni all’estero (Monitorul Oficial al României del 29 luglio 2005, n. 682), nella versione applicabile alla causa principale (in prosieguo: la «legge n. 248/2005»), stabilisce quanto segue:

«1. L’esercizio del diritto dei cittadini rumeni alla libera circolazione all’estero può essere limitato soltanto temporaneamente nei casi e alle condizioni previste dalla presente legge; tale limitazione si configura come una sospensione o, a seconda dei casi, come una limitazione dell’esercizio di tale diritto.

(…)

3. La limitazione dell’esercizio del diritto [dei cittadini rumeni] alla libera circolazione all’estero consiste in un divieto temporaneo di recarsi in determinati Stati, disposto dalle competenti autorità rumene, alle condizioni previste dalla presente legge».

7 L’art. 38 della legge n. 248/2005 è formulato nei seguenti termini:

«La limitazione dell’esercizio del diritto alla libera circolazione all’estero dei cittadini rumeni può essere disposta per un periodo massimo di tre anni soltanto nei confronti:

a) di una persona che sia stata rimpatriata da uno Stato in forza di un accordo di riammissione stipulato tra la Romania e tale Stato,

b) di una persona la cui presenza nel territorio di uno Stato, a causa dell’attività che essa svolge o che potrebbe svolgere, arrecherebbe grave danno agli interessi della Romania o, a seconda dei casi, alle relazioni bilaterali tra la Romania e tale Stato».

8 L’art. 39 della legge n. 248/2005 così dispone:

«Nella situazione prevista all’art. 38, lett. a), il provvedimento è adottato su istanza della direzione generale dei passaporti, con riferimento allo Stato dal cui territorio la persona è stata rimpatriata, da parte del Tribunale nella cui circoscrizione risiede la persona, oppure, nel caso in cui la persona risieda all’estero, dal Tribunalul Bucureşti».

Causa principale e questioni pregiudiziali

9 Il sig. Jipa lasciava la Romania per recarsi nel territorio del Regno del Belgio il 10 settembre 2006. Il 26 novembre 2006, a causa della sua «situazione illegale» in tale Stato membro, veniva rimpatriato in Romania ai sensi dell’accordo di riammissione.

10 L’11 gennaio 2007 il Minister presentava al Tribunalul Dâmboviţa una domanda diretta ad ottenere, ai sensi degli artt. 38 e 39 della legge n. 248/2005, un provvedimento che vietasse al sig. Jipa di recarsi in Belgio per un periodo fino a un massimo di tre anni.

11 Il giudice del rinvio sottolinea che la domanda del Minister non precisa la natura della «situazione illegale» che ha condotto alla riammissione del sig. Jipa.

12 In tali circostanze, il Tribunalul Dâmboviţa ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 18 CE (…) debba essere interpretato nel senso che osta a che la normativa vigente in Romania (artt. 38 e 39 della [legge n. 248/2005]) frapponga ostacoli alla libera circolazione delle persone.

2) a) Se gli artt. 38 e 39 della legge n. 248/2005 (…), che impediscono a una persona (cittadino rumeno e, ora, cittadino dell’Unione europea) di circolare liberamente in un altro Stato (nella fattispecie membro dell’Unione europea), costituiscano un ostacolo alla libera circolazione delle persone, sancita dall’art. 18 CE.

b) Se uno Stato membro dell’Unione europea (nella fattispecie la Romania) possa disporre una limitazione all’esercizio della libera circolazione dei suoi cittadini sul territorio di un altro Stato membro.

3) a) Se “[la situazione] illegale” di cui al decreto del governo [rumeno] n. 825/1995, recante approvazione dell’accordo [di riammissione] (norma in base alla quale è stata disposta la riammissione del convenuto, che si trovava in “situazione (…) illegale”), rientri nei motivi di “ordine pubblico” o di “pubblica sicurezza” previsti dall’art. 27 della direttiva 2004/38, di modo che possa disporsi una limitazione della libertà di circolazione di una tale persona.

b) In caso di risposta affermativa alla questione precedente, se l’art. 27 della direttiva 2004/38 (…) debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono disporre limitazioni alla libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione europea per motivi di “ordine pubblico” e di “pubblica sicurezza” in modo automatico, senza verificarne il “comportamento” personale».

13 Il giudice del rinvio, ritenendo che le dette questioni richiedano una risposta urgente da parte della Corte, in considerazione del fatto che il sig. Jipa deve essere in grado di esercitare il suo diritto di libera circolazione o di sapere il più rapidamente possibile se dispone unicamente di una limitata possibilità di esercitare tale diritto, ha chiesto alla Corte di sottoporre il rinvio pregiudiziale al procedimento accelerato ai sensi dell’art. 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura.

14 Il presidente della Corte, ritenendo che le condizioni previste al suddetto art. 104 bis, primo comma, non fossero soddisfatte, ha respinto tale richiesta con ordinanza 3 aprile 2007.

Sulle questioni pregiudiziali

15 Con le sue questioni, che è opportuno trattare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se gli artt. 18 CE e 27 della direttiva 2004/38 ostino ad una normativa nazionale che consente di limitare il diritto di un cittadino di uno Stato membro di recarsi nel territorio di un altro Stato membro, in particolare perché precedentemente rimpatriato da tale Stato membro in quanto vi si trovava in «situazione illegale».

16 Nelle loro osservazioni scritte dinanzi alla Corte, i governi rumeno e greco, nonché la Commissione delle Comunità europee, sono concordi nel ritenere che tali questioni vadano risolte affermativamente.

17 A tale proposito, occorre anzitutto rilevare che il sig. Jipa, in quanto cittadino rumeno, gode dello status di cittadino dell’Unione ai sensi dell’art. 17, n. 1, CE e può dunque avvalersi, eventualmente anche nei confronti del suo Stato membro d’origine, dei diritti afferenti a tale status, in particolare del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, come attribuitogli dall’art. 18 CE (v. in questo senso, in particolare, sentenze 20 settembre 2001, causa C‑184/99, Grzelczyk, Racc. pag. I‑6193, punti 31-33; 26 ottobre 2006, causa C‑192/05, Tas‑Hagen e Tas, Racc. pag. I‑10451, punto 19, nonché 23 ottobre 2007, cause riunite C‑11/06 e C‑12/06, Morgan e Bucher, Racc. pag. I‑9161, punti 22 e 23).

18 Occorre inoltre precisare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 35 delle conclusioni, il diritto alla libera circolazione comprende sia il diritto per i cittadini dell’Unione europea di entrare in uno Stato membro diverso da quello di cui sono originari, sia il diritto di lasciare quest’ultimo. Infatti, come la Corte ha già avuto occasione di sottolineare, le libertà fondamentali garantite dal Trattato CE sarebbero vanificate se lo Stato membro d’origine, senza una valida giustificazione, potesse vietare ai suoi cittadini di lasciare il suo territorio per entrare nel territorio di un altro Stato membro (v. per analogia, in materia di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei lavoratori, sentenze 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail and General Trust, Racc. pag. 5483, punto 16; 14 luglio 1994, causa C‑379/92, Peralta, Racc. pag. I‑3453, punto 31, e 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 97).

19 L’art. 4, n. 1, della direttiva 2004/38 dispone peraltro espressamente che ogni cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità ha il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro.

20 Ne consegue che una situazione come quella del convenuto nella causa principale, quale descritta ai punti 9 e 10 della presente sentenza, rientra nel diritto alla libera circolazione e al libero soggiorno dei cittadini dell’Unione negli Stati membri.

21 Infine, va ricordato che il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione non è incondizionato e può essere subordinato alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato nonché dalle relative disposizioni di attuazione (v. in questo senso, segnatamente, sentenze 11 aprile 2000, causa C‑356/98, Kaba, Racc. pag. I‑2623, punto 30; 6 marzo 2003, causa C‑466/00, Kaba, Racc. pag. I‑2219, punto 46, e 10 aprile 2008, causa C‑398/06, Commissione/Paesi Bassi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27).

22 Per quanto riguarda la causa principale, le dette limitazioni e condizioni discendono, in particolare, dall’art. 27, n. 1, della direttiva 2004/38, disposizione che consente agli Stati membri di limitare la libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione o dei loro familiari per motivi, tra l’altro, di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

23 A tale riguardo la Corte ha sempre sottolineato che, se è vero che gli Stati membri restano sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro necessità nazionali – che possono variare da uno Stato membro all’altro e da un’epoca all’altra – le esigenze dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, resta il fatto che, nel contesto comunitario, specie in quanto autorizzino una deroga al principio fondamentale della libera circolazione delle persone, tali esigenze devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni della Comunità europea (v., in tal senso, sentenze 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili, Racc. pag. 1219, punti 26 e 27; 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau, Racc. pag. 1999, punti 33 e 34; 14 marzo 2000, causa C‑54/99, Église de scientologie, Racc. pag. I‑1335, punto 17, nonché 14 ottobre 2004, causa C‑36/02, Omega, Racc. pag. I‑9609, punti 30 e 31). La giurisprudenza ha in tal senso precisato che la nozione di ordine pubblico presuppone, in ogni caso, oltre alla perturbazione dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società (v., in particolare, citate sentenze Rutili, punto 28; Bouchereau, punto 35, nonché 29 aprile 2004, cause riunite C‑482/01 e C‑493/01, Orfanopoulos e Oliveri, Racc. pag. I‑5257, punto 66).

24 Una siffatta delimitazione delle deroghe al detto principio fondamentale idonee ad essere invocate da uno Stato membro comporta in particolare, come emerge dall’art. 27, n. 2, della direttiva 2004/38, che i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza per essere giustificati devono essere fondati esclusivamente sul comportamento personale della persona nei riguardi della quale vengono applicati, mentre giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non possono essere prese in considerazione.

25 Occorre aggiungere che, come giustamente rilevato dal governo rumeno, dalla Commissione, nonché dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle conclusioni, un provvedimento che limiti l’esercizio del diritto alla libera circolazione deve essere adottato alla luce di considerazioni afferenti alla tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza dello Stato membro che prende tale provvedimento. Esso non può pertanto essere fondato esclusivamente su motivi dedotti da un altro Stato membro per giustificare, come nella causa principale, una decisione di allontanamento di un cittadino comunitario dal territorio di quest’ultimo Stato. Questa considerazione non esclude tuttavia che si possa tener conto di siffatti motivi nel contesto della valutazione effettuata dalle autorità nazionali competenti per adottare il provvedimento restrittivo della libera circolazione (v., per analogia, sentenza 31 gennaio 2006, causa C‑503/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑1097, punto 53).

26 In altri termini, in una situazione come quella della causa principale, la circostanza che un cittadino dell’Unione sia stato oggetto di un provvedimento di rimpatrio dal territorio di un altro Stato membro in cui soggiornava irregolarmente non può essere presa in considerazione dal suo Stato membro d’origine per limitare il diritto alla libera circolazione di tale cittadino, se non nei limiti in cui il comportamento personale di quest’ultimo costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società.

27 Orbene, la situazione da cui è scaturita la controversia nella causa principale non sembra soddisfare le condizioni ricordate ai punti 22‑26 della presente sentenza. Dal fascicolo trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio e dalle osservazioni scritte del governo rumeno sembra emergere, in particolare, che la domanda del Minister volta a limitare il diritto alla libera circolazione del sig. Jipa si fonda esclusivamente sul provvedimento di rimpatrio dal territorio del Regno del Belgio di cui è stato destinatario per essersi trovato in «situazione irregolare» in tale Stato membro, a prescindere da qualsivoglia valutazione specifica del comportamento personale dell’interessato e senza alcun riferimento a una qualsiasi minaccia che egli rappresenterebbe per l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza. Nelle sue osservazioni scritte il governo rumeno precisa peraltro che nemmeno la decisione delle autorità belghe che ha disposto il rimpatrio del sig. Jipa era fondata su motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

28 Tuttavia, spetta al giudice del rinvio effettuare i necessari accertamenti a tale riguardo, basandosi sugli elementi di fatto e di diritto che, nella causa principale, hanno motivato la domanda formulata dal Minister e diretta a limitare il diritto di uscita del sig. Jipa.

29 Nell’ambito di siffatta valutazione, il giudice del rinvio dovrà parimenti accertare se la detta limitazione del diritto di uscita sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e se non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo. Dall’art. 27, n. 2, della direttiva 2004/38, nonché dalla costante giurisprudenza della Corte, emerge infatti che un provvedimento restrittivo del diritto alla libera circolazione può essere giustificato solo se rispetta il principio di proporzionalità (v. in questo senso, in particolare, sentenze 2 agosto 1993, cause riunite C‑259/91, C‑331/91 e C‑332/91, Alluè e a., Racc. pag. I‑4309, punto 15; 17 settembre 2002, causa C‑413/99, Baumbast e R, Racc. pag. I‑7091, punto 91, nonché 26 novembre 2002, causa C‑100/01, Oteiza Olazabal, Racc. pag. I‑10981, punto 43).

30 Occorre pertanto risolvere le questioni sollevate nel senso che gli artt. 18 CE e 27 della direttiva 2004/38 non ostano a una normativa nazionale che consente di limitare il diritto di un cittadino di uno Stato membro di recarsi nel territorio di un altro Stato membro, in particolare perché è stato precedentemente rimpatriato da quest’ultimo in quanto vi si trovava in «situazione illegale», a condizione che, da una parte, il comportamento personale di tale cittadino costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società e, dall’altra, il provvedimento restrittivo che si intende adottare sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo. Spetta al giudice del rinvio accertare se nella causa dinanzi ad esso pendente la situazione si presenti in questi termini.

Sulle spese

31 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Gli artt. 18 CE e 27 della direttivadel Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, non ostano a una normativa nazionale che consente di limitare il diritto di un cittadino di uno Stato membro di recarsi nel territorio di un altro Stato membro, in particolare perché è stato precedentemente rimpatriato da quest’ultimo in quanto vi si trovava in «situazione illegale», a condizione che, da una parte, il comportamento personale di tale cittadino costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società e, dall’altra, il provvedimento restrittivo che si intende adottare sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo. Spetta al giudice del rinvio accertare se nella causa dinanzi ad esso pendente la situazione si presenti in questi termini.

Firme

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* Lingua processuale: il rumeno.