Corte di giustizia, misure restrittive nei confronti di persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani, congelamento di capitali, violazione del diritto di proprietà e del diritto al contraddittorio

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

3 dicembre 2009 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune (PESC) – Misure restrittive nei confronti di persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani – Regolamento (CE) n. 881/2002 – Congelamento di capitali e di risorse economiche di una persona a seguito della sua inclusione in un elenco redatto da un organismo delle Nazioni Unite – Comitato per le sanzioni – Conseguente inclusione nell’allegato I del regolamento (CE) n. 881/2002 – Ricorso di annullamento – Diritti fondamentali – Diritto al rispetto della proprietà, diritto al contraddittorio e diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo»

Nei procedimenti riuniti C‑399/06 P e C‑403/06 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposte rispettivamente il 20 e 22 settembre 2006,

Faraj Hassan, residente in Leicester (Regno Unito), rappresentato dal sig. E. Grieves, barrister, incaricato dal sig. H. Miller, solicitor, e, successivamente, dal sig. J. Jones, barrister, incaricato dalla sig.ra M. Arani, solicitor,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. S. Marquardt, M. Bishop e dalla sig.ra E. Finnegan, in qualità di agenti,

Commissione europea, rappresentata dai sigg. P. Hetsch e P. Aalto, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuti in primo grado

sostenuti da:

Repubblica francese,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

intervenienti in sede d’impugnazione (C‑399/06),

e

Chafiq Ayadi, residente in Dublino (Irlanda), rappresentato dal sig. S. Cox, barrister, incaricato dal sig. H. Miller, solicitor,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. M. Bishop e dalla sig.ra E. Finnegan, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado

sostenuto da:

Repubblica francese,

interveniente in sede d’impugnazione,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

Commissione europea, rappresentata dai sigg. P. Hetsch e P. Aalto, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti in primo grado (C‑403/06 P)

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.‑C. Bonichot, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, dalla sig.ra C. Toader, dai sigg. C. W. A. Timmermans (relatore), K. Schiemann, e P. Kūris, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. M.‑A. Gaudissart, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 settembre 2009, nella causa C‑399/06 P,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con le loro impugnazioni, il sig. Hassan (C‑399/06 P) e il sig. Ayadi (C‑403/06 P) chiedono l’annullamento delle sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 12 luglio 2006, rispettivamente, causa T‑49/04, Hassan/Consiglio e Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata Hassan»), nonché causa T‑253/02, Ayadi/Consiglio (Racc. pag. II‑2139; in prosieguo: la «sentenza impugnata Ayadi») (di seguito, congiuntamente: le «sentenze impugnate»).

2 Con le sentenze impugnate, il Tribunale ha respinto i ricorsi d’annullamento proposti dai sigg. Hassan e Ayadi avverso il regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli ed estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan (GU L 139, pag. 9; in prosieguo: il «regolamento controverso»), nella parte in cui tale atto li riguarda. Il ricorso del sig. Hassan mirava in particolare al regolamento controverso come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 20 novembre 2003, n. 2049 (GU L 303, pag. 20). Con la sentenza impugnata Hassan, il Tribunale ha respinto altresì la richiesta di risarcimento dei danni proposta dal sig. Hassan.

Fatti

3 I fatti delle controversie sono stati esposti ai punti 6‑34 della sentenza impugnata Hassan e 11‑49 della sentenza impugnata Ayadi.

4 Ai fini della presente sentenza, si possono sintetizzare come segue.

5 Il 19 ottobre 2001, il comitato istituito dalla risoluzione 1267 (1999) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «comitato per le sanzioni») ha pubblicato un addendum al suo elenco consolidato, datato 8 marzo 2001, delle persone e delle entità da sottoporre al congelamento dei capitali ai sensi delle risoluzioni 1267 (1999) e 1333 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (v. comunicato SC/7180), addendum comprendente tra gli altri il nome del sig. Ayadi, identificato come un soggetto associato ad Osama bin Laden.

6 Lo stesso giorno, la Commissione delle Comunità europee ha adottato il regolamento (CE) 19 ottobre 2001, n. 2062, che modifica per la terza volta il regolamento n. 467/2001 (GU L 277, pag. 25). Mediante il regolamento n. 2062/2001, il nome del sig. Ayadi è stato aggiunto, insieme ad altri, all’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento (CE) del Consiglio 6 marzo 2001, n. 467 (GU L 67, pag. 1).

7 Il 16 gennaio 2002 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1390 (2002), che stabilisce le misure da applicare nei confronti di Osama bin Laden, dei membri dell’organizzazione Al-Qaeda, e dei Talibani e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati. Detta risoluzione prevede in sostanza, ai paragrafi 1 e 2, la prosecuzione delle misure, segnatamente il congelamento dei capitali, imposte dal paragrafo 4, lett. b), della risoluzione 1267 (1999) e dal paragrafo 8, lett. c), della risoluzione 1333 (2000).

8 Ritenendo necessaria un’azione della Comunità europea al fine di attuare la risoluzione 1390 (2002), il 27 maggio 2002 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la posizione comune 2002/402/PESC, concernente misure restrittive nei confronti di Osama bin Laden, dei membri dell’Organizzazione Al-Qaeda e dei Talibani e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associate e che abroga le posizioni comuni 96/746/PESC, 1999/727/PESC, 2001/154/PESC e 2001/771/PESC (GU L 139, pag. 4). L’art. 3 della posizione comune 2002/402 prevede, in particolare, la prosecuzione del congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche degli individui, gruppi, imprese e entità quali figurano nell’elenco predisposto dal comitato per le sanzioni conformemente alle risoluzioni 1267 (1999) e 1333 (2000).

9 Il 27 maggio 2002 il Consiglio ha adottato, sulla base degli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE, il regolamento controverso.

10 Secondo il quarto ‘considerando’ di tale regolamento, poiché le misure previste, in particolare, dalla risoluzione 1390 (2002) «ricadono nell’ambito del trattato [CE], l’applicazione delle pertinenti decisioni del Consiglio di sicurezza richiede una normativa comunitaria, nella misura in cui dette misure riguardano il territorio della Comunità, in particolare per evitare distorsioni della concorrenza».

11 L’art. 1 del regolamento controverso definisce le nozioni di «fondi» e di «congelamento dei fondi» in termini sostanzialmente identici a quelli dell’art. 1 del regolamento n. 467/2001. Esso definisce, inoltre, cosa debba intendersi per «risorse economiche».

12 Ai sensi dell’art. 2 del regolamento controverso:

«1. Tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, o in possesso di, [o detenuti da] una persona fisica o giuridica, gruppo o entità designato dal comitato per le sanzioni ed elencato nell’allegato I sono congelati.

2. È vietato mettere direttamente o indirettamente fondi a disposizione di una persona fisica o giuridica, di un gruppo o di un’entità designati dal comitato per le sanzioni ed elencati nell’allegato I, o stanziarli a loro vantaggio.

3. È vietato mettere direttamente o indirettamente risorse economiche a disposizione di una persona fisica o giuridica, ad un gruppo o ad un’entità designati dal comitato per le sanzioni ed elencati nell’allegato I o destinarle a loro vantaggio, per impedire così facendo che la persona, il gruppo o l’entità in questione possa ottenere fondi, beni o servizi».

13 L’allegato I del regolamento controverso contiene l’elenco delle persone, delle entità e dei gruppi interessati dal congelamento dei fondi imposto dal suo art. 2. Tale elenco include, fra gli altri, il nome del sig. Ayadi.

14 Sebbene il nome del sig. Ayadi resti tuttora iscritto nel suddetto elenco, il testo della voce che lo riguarda è stato sostituito più volte da regolamenti della Commissione adottati in base all’art. 7, n. 1, del regolamento controverso, che autorizza quest’ultima a modificare o integrare l’allegato I del regolamento stesso.

15 Il 20 dicembre 2002 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1452 (2002) allo scopo di agevolare il rispetto degli obblighi in materia di lotta al terrorismo. Il paragrafo 1 di tale risoluzione prevede un certo numero di deroghe ed eccezioni al congelamento dei fondi e delle risorse economiche imposto dalle risoluzioni 1267 (1999) e 1390 (2002) che potranno essere applicate dagli Stati per motivi umanitari, previa approvazione del comitato per le sanzioni.

16 Il 17 gennaio 2003 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1455 (2003), che mira a perfezionare l’attuazione delle misure imposte ai sensi dei paragrafi 4, lett. b), della risoluzione 1267 (1999), 8, lett. c), della risoluzione 1333 (2000) nonché 1 e 2 della risoluzione 1390 (2002). A norma del paragrafo 2 della risoluzione 1455 (2003), tali misure sarebbero state nuovamente perfezionate entro un termine di dodici mesi o anche prima, ove fosse risultato necessario.

17 Ritenendo necessaria un’azione della Comunità al fine di attuare la risoluzione 1452 (2002), il 27 febbraio 2003 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2003/140/PESC, concernente deroghe alle misure restrittive imposte dalla posizione comune 2002/402/PESC (GU L 53, pag. 62). L’art. 1 della posizione comune 2003/140 prevede che, nell’attuare le misure di cui all’art. 3 della posizione comune 2002/402, la Comunità prevedrà le deroghe consentite dalla citata risoluzione.

18 Il 27 marzo 2003 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 561/2003, che modifica, per quanto riguarda le deroghe al congelamento dei capitali e delle risorse economiche, il regolamento n. 881/2002 (GU L 82, pag. 1). Al quarto ‘considerando’ del regolamento n. 561/2003, il Consiglio fa presente che, alla luce della risoluzione 1452 (2002) del Consiglio di sicurezza, occorre modificare le misure imposte dalla Comunità.

19 Il 12 novembre 2003 il comitato per le sanzioni ha adottato un addendum al suo elenco consolidato di persone ed entità soggette al congelamento dei fondi in forza delle risoluzioni 1267 (1999), 1333 (2000) e 1390 (2002). Tale addendum include, tra gli altri, il nome del sig. Hassan, identificato come una persona associata all’organizzazione Al‑Qaeda.

20 Il 20 novembre 2003 la Commissione ha adottato il regolamento n. 2049/2003, recante venticinquesima modifica del regolamento n. 881/2002. Mediante il regolamento n. 2049/2003, il nome del sig. Hassan è stato aggiunto, insieme ad altri, all’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento controverso.

21 Il 30 gennaio 2004 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1526 (2004), che mira, da un lato, a perfezionare l’attuazione delle misure imposte al paragrafo 4, lett. b), della risoluzione 1267 (1999), al paragrafo 8, lett. c), della risoluzione 1333 (2000) e ai paragrafi 1 e 2 della risoluzione 1390 (2002), e, dall’altro, a rafforzare il mandato del comitato per le sanzioni. Secondo il paragrafo 3 della risoluzione 1526 (2004), tali misure sarebbero state nuovamente perfezionate entro diciotto mesi, o anche prima, ove fosse risultato necessario.

22 Il 29 luglio 2005 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1617 (2005). Essa prevede, in particolare, il mantenimento delle misure imposte al paragrafo 4, lett. b), della risoluzione 1267 (1999), al paragrafo 8, lett. c), della risoluzione 1333 (2000), nonché ai paragrafi 1 e 2 della risoluzione 1390 (2002). In forza del paragrafo 21 della risoluzione 1617 (2005), tali misure sarebbero state riesaminate entro un termine di diciassette mesi o eventualmente anche prima, qualora necessario per il loro potenziamento.

23 Il sig. Ayadi è rimasto iscritto nell’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento controverso. La voce che lo riguarda è stata sostituita dal regolamento (CE) della Commissione 9 agosto 2006, n. 1210, recante sessantasettesima modifica del regolamento n. 881/2002 (GU L 219, pag. 14).

24 Allo stesso modo, il nome del sig. Hassan, sebbene anch’esso abbia continuato a figurare nel suddetto elenco, la voce che lo riguarda è stata sostituita dal regolamento (CE) della Commissione 18 gennaio 2008, n. 46, recante novantesima modifica del regolamento n. 881/2002 (GU L 16, pag. 11).

Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenze impugnate

25 Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2004, il sig. Hassan ha proposto un ricorso contro il Consiglio e la Commissione volto all’annullamento del regolamento controverso e ha chiesto al Tribunale di:

– in via principale, annullare totalmente o parzialmente il regolamento controverso, come modificato dal regolamento n. 2049/2003, oppure soltanto quest’ultimo regolamento;

– in subordine, dichiarare non applicabili nei suoi confronti il regolamento controverso e il regolamento n. 2049/2003;

– disporre ogni altra misura ritenuta adeguata;

– condannare il Consiglio alle spese, e

– condannare il Consiglio a risarcire i danni da lui patiti.

26 Nel corso dell’udienza dinanzi al Tribunale, il sig. Hassan ha specificato che il suo ricorso era rivolto contro il regolamento controverso e il regolamento n. 2049/2003 solo nei limiti in cui essi lo riguardassero direttamente ed individualmente.

27 Con atto registrato nella cancelleria del Tribunale il 26 agosto 2002, il sig. Ayadi ha proposto un ricorso contro il Consiglio volto all’annullamento del regolamento controverso e ha chiesto al Tribunale di:

– annullare l’art. 2 e, nei limiti in cui esso si richiama a detto art. 2, l’art. 4 del regolamento controverso;

– in subordine, annullare la menzione del ricorrente nell’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento controverso, e

– condannare il Consiglio alle spese.

28 Nel corso dell’udienza dinanzi al Tribunale, il sig. Ayadi ha specificato che il suo ricorso era rivolto contro il regolamento controverso solo nei limiti in cui esso lo riguardasse direttamente ed individualmente.

29 Nella causa concernente il sig. Ayadi, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione sono stati autorizzati ad intervenire dinanzi al Tribunale a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

30 A supporto delle sue richieste conclusive, il sig. Hassan ha invocato un unico motivo, relativo alla violazione di taluni suoi diritti fondamentali e del principio generale di proporzionalità. Più in particolare, le sue censure riguardavano la violazione, da un lato, del diritto al rispetto della proprietà nonché di quello al rispetto della vita privata e familiare, e, dall’altro, del diritto al contraddittorio e di quello a un processo equo.

31 Dal canto suo, il sig. Ayadi fondava le sue richieste conclusive su tre motivi, riguardanti, il primo, l’incompetenza del Consiglio ad emanare gli artt. 2 e 4 del regolamento controverso nonché uno sviamento di potere, il secondo, la violazione dei principi fondamentali di sussidiarietà, di proporzionalità e del rispetto dei suoi diritti fondamentali, e, il terzo, la violazione di una forma sostanziale.

32 Posto che, ad eccezione della richiesta di risarcimento dei danni contenuta nell’impugnazione del sig. Hassan, le impugnazioni in esame sono limitate alla parte delle sentenze impugnate riguardante i motivi della violazione dei diritti fondamentali dei ricorrenti, viene di seguito riassunta solo detta parte.

33 In relazione a detti motivi, ai punti 91 della sentenza impugnata Hassan e 115 della sentenza impugnata Ayadi il Tribunale ha dichiarato che, fatta salva una questione di diritto specifica di ciascuna di queste cause, tutte le questioni di diritto sollevate dai ricorrenti erano già state risolte nelle sue sentenze 21 settembre 2005, causa T‑306/01, Yusuf e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑3533, punti 226‑346), nonché T‑315/01, Kadi/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑3649, punti 176‑291) (in prosieguo, rispettivamente: la «sentenza Yusuf del Tribunale», la «sentenza Kadi del Tribunale», nonché, congiuntamente, le «sentenze Yusuf e Kadi del Tribunale»).

34 Al punto 92 della sentenza impugnata Hassan, così come al punto 116 della sentenza impugnata Ayadi, formulati in modo analogo, è stato rilevato che, nelle sentenze Yusuf e Kadi del Tribunale, quest’ultimo aveva in particolare constatato quanto segue:

«(…)

– dal punto di vista del diritto internazionale, gli obblighi degli Stati membri dell’[Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)] ai sensi della Carta delle Nazioni Unite prevalgono su qualsiasi altro obbligo di diritto interno o di diritto internazionale pattizio, ivi compresi, per quelli tra di essi che sono membri del Consiglio d’Europa, gli obblighi derivanti dalla [convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”)] e, per quelli tra di essi che sono anche membri della Comunità, i loro obblighi derivanti dal Trattato CE (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 231, e Kadi, punto 181);

– tale preminenza si estende alle decisioni contenute in una risoluzione del Consiglio di sicurezza, a norma dell’art. 25 della Carta delle Nazioni Unite (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 234, e Kadi, punto 184);

– benché non sia membro delle Nazioni Unite, la Comunità deve essere considerata vincolata agli obblighi derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite, alla stessa stregua dei suoi Stati membri, in base allo stesso Trattato che la istituisce (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 243, e Kadi, punto 193);

– da un lato, la Comunità non può violare gli obblighi incombenti ai propri Stati membri in forza della Carta delle Nazioni Unite né ostacolare la loro esecuzione e, dall’altro, essa è tenuta, in forza del Trattato stesso mediante il quale è stata istituita, ad adottare, nell’esercizio dei suoi poteri, tutte le disposizioni necessarie affinché i suoi Stati membri possano adempiere tali obblighi (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 254, e Kadi, punto 204);

– di conseguenza, gli argomenti sollevati contro il regolamento impugnato e fondati, da un lato, sull’autonomia dell’ordinamento giuridico comunitario rispetto all’ordinamento giuridico creato dalle Nazioni Unite e, dall’altro, sulla necessità di un’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza nel diritto interno degli Stati membri, conformemente alle disposizioni costituzionali e ai principi generali di tale diritto, devono essere respinti (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 258, e Kadi, punto 208);

– il regolamento [controverso], adottato alla luce della posizione comune 2002/402, costituisce l’attuazione, a livello comunitario, dell’obbligo che incombe ai suoi Stati membri, in quanto membri dell’ONU, di dare esecuzione, nella fattispecie mediante un atto comunitario, alle sanzioni contro Osama bin Laden, la rete Al-Qaeda, i Talibani e altre persone, gruppi, imprese e entità associate, che sono state decise e poi inasprite da varie risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 264, e Kadi, punto 213);

– ciò premesso, le istituzioni comunitarie hanno agito in base ad una competenza vincolata, sicché esse non disponevano di alcun margine di discrezionalità autonomo (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 265, e Kadi, punto 214);

– alla luce di quanto sopra esposto, l’affermazione della competenza del Tribunale a controllare in via incidentale la legittimità delle decisioni del Consiglio di sicurezza o del comitato per le sanzioni in base allo standard di tutela dei diritti fondamentali riconosciuti nell’ordinamento giuridico comunitario non può quindi giustificarsi né sulla base del diritto internazionale né sulla base del diritto comunitario (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 272, e Kadi, punto 221);

– le controverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza si sottraggono dunque in via di principio al sindacato giurisdizionale del Tribunale e quest’ultimo non ha il potere di rimettere in causa, seppur in via incidentale, la loro legittimità alla luce del diritto comunitario; al contrario, il Tribunale è tenuto, per quanto possibile, ad interpretare e applicare tale diritto in modo che sia compatibile con gli obblighi degli Stati membri derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 276, e Kadi, punto 225);

– il Tribunale ha tuttavia il potere di controllare, in via incidentale, la legittimità delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza controverse alla luce dello ius cogens, inteso come un ordinamento pubblico internazionale che s’impone nei confronti di tutti i soggetti del diritto internazionale, compresi gli organi dell’ONU, e al quale non è possibile derogare (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 277, e Kadi, punto 226);

– il congelamento dei fondi previsto dal regolamento [controverso] non viola né il diritto fondamentale degli interessati a disporre dei propri beni né il principio generale di proporzionalità, alla luce dello standard di tutela universale dei diritti fondamentali della persona umana appartenenti allo ius cogens (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punti 288 e 289, e Kadi, punti 237 e 238);

– poiché le risoluzioni in questione del Consiglio di sicurezza non prevedono un diritto d’audizione degli interessati da parte del comitato per le sanzioni prima della loro iscrizione sulla lista controversa e nessuna norma imperativa di ordine pubblico internazionale sembra imporre una tale audizione nelle circostanze della fattispecie, gli argomenti relativi alla presunta violazione di un tale diritto devono essere respinti (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punti 306, 307 e 321, e Kadi, punti 261 e 268);

– in particolare, in tale contesto, ove si controverte di misure cautelari che limitano la disponibilità dei beni degli interessati, il rispetto dei loro diritti fondamentali non esige che i fatti e gli elementi di prova ritenuti a loro carico siano loro comunicati, dal momento che il Consiglio di sicurezza o il suo comitato per le sanzioni ritengono che vi ostino motivi riguardanti la sicurezza della comunità internazionale (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 320, e Kadi, punto 274);

– neanche le istituzioni comunitarie erano tenute ad ascoltare i ricorrenti prima dell’adozione del regolamento [controverso] (sentenza [del Tribunale] Yusuf, punto 329) o nel contesto della sua adozione e attuazione (sentenza [del Tribunale] Kadi, punto 259);

– nell’ambito di un ricorso di annullamento come quello di cui trattasi, il Tribunale esercita un controllo completo sulla legittimità dei regolamenti impugnati per quanto attiene al rispetto, da parte delle istituzioni comunitarie, delle norme di competenza nonché delle norme di legittimità esterna e delle forme sostanziali imposte al loro operato; il Tribunale controlla parimenti la legittimità dei regolamenti impugnati alla luce delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza che tali regolamenti devono attuare, segnatamente sotto il profilo dell’adeguatezza formale e sostanziale, della coerenza interna e della proporzionalità dei primi rispetto alle seconde; il Tribunale controlla anche la legittimità dei regolamenti impugnati e, indirettamente, la legittimità delle controverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza, alla luce delle norme superiori del diritto internazionale appartenenti allo ius cogens, segnatamente le norme imperative sulla tutela universale dei diritti della persona umana (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punti 334, 335 e 337, e Kadi, punti 279, 280 e 282);

− per contro, non spetta al Tribunale controllare indirettamente la conformità delle stesse controverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza ai diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario; al Tribunale non spetta neanche verificare l’assenza di errori di valutazione dei fatti e degli elementi di prova che il Consiglio [di sicurezza] ha posto a sostegno delle misure adottate né, fatto salvo l’ambito limitato definito al precedente trattino, controllare indirettamente l’opportunità e la proporzionalità di tali misure (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punti 338 e 339, e Kadi, punti 283 e 284);

– entro questi limiti gli interessati non dispongono di alcun rimedio giurisdizionale, poiché il Consiglio di sicurezza non ha ritenuto opportuno istituire un giudice internazionale indipendente con il compito di decidere, in diritto e in fatto, dei ricorsi diretti contro le decisioni individuali adottate dal comitato per le sanzioni (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 340, e Kadi, punto 285);

– la lacuna così constatata al trattino precedente nella tutela giurisdizionale dei ricorrenti non è di per sé contraria allo ius cogens, poiché: a) il diritto di ricorrere ai tribunali non è assoluto; b) nella fattispecie, la limitazione del diritto degli interessati di adire un giudice, derivante dall’immunità di giurisdizione di cui godono in via di principio, nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, le risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, deve essere considerata inerente a tale diritto; c) una siffatta limitazione è giustificata sia in base alla natura delle decisioni che il Consiglio di sicurezza è portato ad adottare, ai sensi del detto capitolo VII, sia in base allo scopo legittimo perseguito; e d) in mancanza di un giudice internazionale competente a controllare la legittimità degli atti del Consiglio di sicurezza, la costituzione di un organo quale il comitato per le sanzioni e la possibilità, prevista dalle norme vigenti, di rivolgervisi in qualsiasi momento per riesaminare ogni caso individuale, attraverso un meccanismo formalizzato che coinvolge i governi interessati, rappresentano un altro ragionevole rimedio per tutelare adeguatamente i diritti fondamentali dei ricorrenti riconosciuti dallo ius cogens (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punti 341-345, e Kadi, punti 286-290);

– gli argomenti sollevati contro i regolamenti impugnati e relativi alla violazione del diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo devono, di conseguenza, essere respinti (sentenze [del Tribunale] Yusuf, punto 346, e Kadi, punto 291)».

35 Ai punti 95‑124 della sentenza impugnata Hassan, il Tribunale ha aggiunto varie considerazioni in risposta agli argomenti sviluppati più nel dettaglio dal sig. Hassan nel corso dell’udienza e relativi, da un lato, al presunto eccessivo rigore della misura del congelamento dell’insieme dei suoi fondi e risorse economiche, nonché, dall’altro, alla pretesa invalidità, nella fattispecie, delle conclusioni a cui era pervenuto il Tribunale, nelle sentenze Yusuf e Kadi, in ordine alla compatibilità con lo ius cogens della lacuna nella tutela giurisdizionale degli interessati da esso constatata in tali sentenze.

36 Allo stesso modo, ai punti 117‑154 della sentenza impugnata Ayadi, il Tribunale ha aggiunto un certo numero di considerazioni a quelle esposte al punto 34 della presente sentenza, in risposta agli argomenti sviluppati più nel dettaglio dal sig. Ayadi e relativi, da un lato, alla presunta inefficacia delle esenzioni e delle deroghe al congelamento dei fondi previste dal regolamento n. 561/2003, in particolare riguardo all’esercizio di un’attività professionale (precedenti punti 99 e 100), e, dall’altro lato, la pretesa invalidità, nella fattispecie, delle conclusioni a cui era pervenuto il Tribunale nelle sentenze Yusuf e Kadi in ordine alla compatibilità della lacuna constatata nella protezione giurisdizionale degli interessati con lo ius cogens.

37 Il Tribunale ha esaminato tali argomenti per concludere che questi ultimi non potevano rimettere in discussione le considerazioni da esso esposte nelle sue sentenze Yusuf e Kadi con riguardo alle questioni di diritto in argomento.

38 Ancora, ai punti 126‑128 della sentenza impugnata Hassan, il Tribunale ha esaminato gli addebiti mossi dal sig. Hassan circa una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare nonché un attacco alla sua reputazione, e li ha respinti con la motivazione principale che, alla luce dello ius cogens, era necessario considerare che il ricorrente non aveva subito alcun’arbitraria ingerenza nell’esercizio di quei diritti.

39 Analogamente, al punto 156 della sentenza impugnata Ayadi, il Tribunale ha respinto l’argomento, che non era stato ancora esaminato nelle sentenze Yusuf e Kadi, secondo il quale gli Stati membri dell’ONU non sarebbero tenuti ad applicare tali e quali le misure che il Consiglio di sicurezza li «invita» ad adottare.

40 Pertanto, il Tribunale ha respinto le richieste di annullamento dei ricorrenti, in quanto infondate.

41 In ultimo, il Tribunale ha dichiarato la richiesta di risarcimento dei danni proposta dal sig. Hassan irricevibile a motivo della sua imprecisione, aggiungendo che era comunque infondata, alla luce degli altri elementi da quest’ultimo presentati.

42 Di conseguenza, il Tribunale ha respinto i due ricorsi nel loro insieme.

Procedimento dinanzi alla Corte

43 Con ordinanza del presidente della Corte 5 novembre 2008, è stato autorizzato l’intervento della Repubblica francese e del Regno Unito a sostegno delle conclusioni del Consiglio e della Commissione nella causa C‑399/06 P. Con ordinanza del presidente della Corte 30 marzo 2009, è stato autorizzato l’intervento della Repubblica francese a sostegno delle conclusioni del Consiglio nella causa C‑403/06 P.

44 Con istanza depositata nella cancelleria della Corte il 7 gennaio 2009, il sig. Ayadi ha chiesto il beneficio del gratuito patrocinio previsto dall’art. 76 del regolamento di procedura della Corte.

45 Tale istanza è stata accolta dalla Corte con ordinanza 2 settembre 2009.

46 Dopo aver sentito le parti e l’avvocato generale al riguardo, occorre riunire le presenti cause ai fini della sentenza per ragioni di connessione, ai sensi dell’art. 43 del regolamento di procedura della Corte.

Conclusioni delle parti nel procedimento di impugnazione

47 Con il suo ricorso d’impugnazione, il sig. Hassan chiede alla Corte di:

– annullare la sentenza impugnata Hassan;

– annullare il regolamento controverso e/o il regolamento n. 2049/2003 integralmente o nella parte relativa alle misure adottate nei suoi confronti;

– in subordine, dichiarare che tali regolamenti non sono applicabili nei suoi confronti;

– disporre ogni misura che la Corte ritenga adeguata;

– condannare il Consiglio alle spese e

– condannare il Consiglio a risarcire i danni da lui patiti.

48 Con il suo ricorso d’impugnazione, il sig. Ayadi chiede alla Corte di:

– annullare integralmente la sentenza impugnata Ayadi;

– dichiarare nulli e non avvenuti gli artt. 2 e 4, nonché l’allegato I del regolamento controverso nella parte in cui lo riguardano individualmente e direttamente e

– condannare il Consiglio alle spese dei procedimenti dinanzi alla Corte e al Tribunale.

49 Il Consiglio e la Commissione chiedono in entrambe le cause di respingere le impugnazioni, fatti salvi i motivi analoghi a quelli che la Corte ha già dichiarato fondati nella sentenza 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6351, in prosieguo: la «sentenza Kadi della Corte») e di condannare i ricorrenti alle spese nella misura che la Corte riterrà opportuna.

I motivi a sostegno dei ricorsi d’impugnazione

50 Con il primo motivo, il sig. Hassan contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’ambito dell’esame dei motivi che gli aveva sottoposto in ordine alla violazione di taluni dei suoi diritti fondamentali, non avendo quest’ultimo valutato in modo diretto se il Consiglio di sicurezza avesse accordato una tutela equivalente a quella risultante dalla CEDU, e più in particolare dai suoi artt. 6, 8 e 13 e dall’art. 1 del protocollo n. 1 alla CEDU, ma essendosi limitato ad esaminare l’operato del Consiglio di sicurezza in modo indiretto, sulla base dei principi dello ius cogens.

51 Con il secondo motivo, il sig. Hassan addebita al Tribunale d’aver commesso un errore di diritto laddove ha considerato che la restrizione al godimento di un bene non attenesse alla sostanza stessa del diritto di proprietà.

52 Dalla memoria di replica del sig. Ayadi risulta che, alla luce della sentenza Kadi della Corte, questi intende ormai coltivare solo due motivi, il primo, riguardante il presunto errore di diritto commesso dal Tribunale quando ha dichiarato che i giudici comunitari possono valutare la legittimità di un atto comunitario che attua una decisione del Consiglio di sicurezza unicamente alla luce dello ius cogens e non ha riconosciuto la possibilità di annullare un atto di questo tipo al fine di garantire la tutela dei diritti fondamentali riconosciuti dall’ordinamento giuridico delle Nazioni unite, e, il secondo, relativo all’asserito errore di diritto commesso dal Tribunale nel momento in cui non ha dichiarato che le parti del regolamento controverso impugnate violano i diritti fondamentali del sig. Ayadi.

Sulle impugnazioni

Sull’incidenza del regolamento (CE) n. 954/2009 circa un eventuale non luogo a statuire

53 Si deve constatare che, attraverso il regolamento (CE) della Commissione 13 ottobre 2009, n. 954, recante centoquattordicesima modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 (GU L 269, pag. 20), le decisioni relative all’inserimento dei sigg. Hassan e Ayadi nell’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento controverso sono state sostituite da nuove decisioni che confermano e modificano detto inserimento.

54 Secondo il preambolo del regolamento n. 954/2009, esso è stato adottato dalla Commissione in considerazione della giurisprudenza della Corte, e in particolare della sentenza Kadi della Corte, previa comunicazione al sig. Hassan e al sig. Ayadi dei motivi del loro inserimento nell’elenco, quali ottenuti dal comitato delle sanzioni, e previo esame delle osservazioni da questi ultimi formulate su tali motivi.

55 Nel suddetto preambolo viene altresì esposto che, dopo un attento esame delle suddette osservazioni, e vista la natura preventiva del congelamento dei capitali e delle risorse economiche, la Commissione ritiene che l’inserimento di tali persone nell’elenco di cui trattasi sia giustificato a causa dei loro collegamenti con la rete Al-Qaeda.

56 In forza dell’art. 2 del regolamento n. 954/2009, quest’ultimo è entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, vale a dire il 15 ottobre 2009, e si applica dal 30 maggio 2002 per quanto riguarda il sig. Ayadi e dal 21 novembre 2003 per quanto riguarda il sig. Hassan.

57 Si pone quindi la questione se, considerata la revoca del regolamento controverso e la sua sostituzione retroattiva relativamente ai ricorrenti con effetto dalle date menzionate, come operate dal regolamento n. 954/2009, sia tuttora necessario statuire sulle presenti cause.

58 In proposito, occorre ricordare che la Corte può rilevare d’ufficio la carenza d’interesse di una parte a proporre o a coltivare un’impugnazione in ragione di un fatto, successivo alla sentenza del Tribunale, idoneo a privare quest’ultima dei suoi effetti dannosi per il ricorrente, e dichiarare l’impugnazione irricevibile o priva di causa per tale motivo (v., in particolare, sentenza 3 settembre 2009, causa C‑535/06 P, Moser Baer India/Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

59 Nel caso di specie, l’art. 2 del regolamento n. 954/2009 prevede che ques’ultimo si applica a partire dall’iniziale inserimento del sig. Ayadi e del sig. Hassan nell’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento controverso, vale a dire, rispettivamente, dal 30 maggio 2002 e dal 21 novembre 2003.

60 I sigg. Ayadi e Hassan sono apparsi nel suddetto elenco, rispettivamente, per un periodo di sette e di sei anni e, di conseguenza, sono stati assoggettati alle misure restrittive previste dal regolamento controverso, che sono state giudicate dalla Corte come aventi una rilevante incidenza sui diritti e sulle libertà delle persone interessate (v. sentenza Kadi della Corte, punto 375), mentre hanno sostenuto, prima dinanzi al Tribunale e poi dinanzi alla Corte, in procedimenti che occupano la quasi totalità dei suddetti periodi, che l’inserimento dei loro nomi nell’elenco de quo era illegittimo, segnatamente perché tale inserimento era avvenuto in violazione dei loro diritti fondamentali, circostanza che, attualmente, né il Consiglio né la Commissione contestano più, alla luce della sentenza Kadi della Corte.

61 Il regolamento n. 954/2009 ha mantenuto con efficacia retroattiva i nomi dei sigg. Hassan e Ayadi proprio su tale lista, di modo che le conseguenti misure restrittive continuano ad applicarsi nei loro confronti per il periodo in cui il regolamento controverso, quale considerato nei loro ricorsi d’impugnazione, era applicabile, mentre lo scopo di questi ultimi ricorsi è quello di ottenere la soppressione dei loro nomi da tale lista.

62 L’adozione del regolamento n. 954/2009 non può quindi ritenersi come un fatto successivo alle sentenze impugnate, tale da privare di causa le impugnazioni.

63 Peraltro, occorre constatare che il regolamento n. 954/2009 non è ancora definitivo dato che può essere impugnato attraverso un ricorso di annullamento. Di conseguenza non può escludersi che, se questo atto dovesse essere annullato all’esito di un siffatto procedimento, il regolamento controverso tornerebbe ad essere vigente nella parte in cui riguarda i ricorrenti.

64 I suddetti elementi confermano che l’adozione del regolamento n. 954/2009 non può essere considerata come equivalente ad un mero annullamento del regolamento controverso nella parte in cui riguarda i ricorrenti, grazie a cui questi ultimi avrebbero ottenuto proprio il risultato che i loro ricorsi potrebbero procurargli, sicché non sarebbe più necessario che la Corte statuisca. A tale riguardo, il suddetto regolamento differisce dall’atto oggetto dell’ordinanza 8 marzo 1993, causa C‑123/92, Lezzi Pietro/Commissione (Racc. pag. I‑809).

65 In considerazione di tali condizioni particolari, i ricorsi d’impugnazione non sono privati della loro causa e spetta alla Corte statuire su di essi.

Sul merito

66 Preliminarmente, si deve in primo luogo osservare che, nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte, il sig. Hassan ha espressamente rinunciato al motivo riguardante la sua domanda di risarcimento del danno. Quindi, non vi è più luogo a esaminare detto motivo nell’ambito dell’impugnazione in oggetto.

67 In secondo luogo, per quanto riguarda l’oggetto dei motivi d’impugnazione, deve rilevarsi che esso dev’essere inteso nel senso che verte, nella parte in cui concerne rispettivamente ciascuno dei ricorrenti, sul regolamento controverso come modificato, per quanto riguarda il ricorso del sig. Ayadi, dal regolamento n. 1210/2006, e, per quanto riguarda quello del sig. Hassan, dal regolamento n. 46/2008.

Sui motivi dei ricorrenti riguardanti la violazione dei loro diritti fondamentali operata dal regolamento controverso

68 Occorre esaminare i motivi presentati dai ricorrenti a sostegno delle loro impugnazioni, con cui addebitano al Tribunale d’avere respinto i loro motivi riguardanti la violazione dei loro diritti fondamentali operata del regolamento controverso.

69 Nelle sentenze impugnate, richiamando le sue sentenze Yusuf e Kadi, il Tribunale ha giudicato, in sostanza, che deriva dai principi che reggono l’articolazione dei rapporti tra l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e l’ordinamento giuridico comunitario che il regolamento controverso, in quanto volto ad attuare una risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite che non lascia alcun margine in proposito, non può essere soggetto a un controllo giurisdizionale in ordine alla sua legittimità interna, ad eccezione della sua compatibilità con le norme pertinenti dello ius cogens, e beneficia quindi, ferma restando detta riserva, di un’immunità giurisdizionale (sentenze impugnate Hassan, punto 92, e Ayadi, punto 116).

70 Pertanto, sempre richiamando le sue sentenze Yusuf e Kadi, il Tribunale ha dichiarato che la legittimità del regolamento controverso, anche con riguardo ai motivi dedotti dai ricorrenti circa la violazione dei loro diritti fondamentali, può essere esaminata unicamente alla luce dello ius cogens, inteso come un ordinamento pubblico internazionale che s’impone nei confronti di tutti i soggetti del diritto internazionale, compresi gli organi dell’ONU, e al quale non è possibile derogare (sentenze impugnate Hassan, punto 92, e Ayadi, punto 116).

71 Orbene, risulta dai punti 326 e 327 della sentenza Kadi della Corte che tale tesi costituisce un errore di diritto. Infatti, conformemente alle competenze di cui sono investiti in forza del Trattato, i giudici comunitari devono garantire un controllo in linea di principio completo della legittimità di tutti gli atti comunitari con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, ivi inclusi gli atti comunitari che, come il regolamento controverso, mirano ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.

72 La Corte ne ha tratto la conclusione, al punto 328 della sua sentenza Kadi, che gli argomenti degli interessati risultavano fondati sul punto e che le sentenze Yusuf e Kadi del Tribunale dovevano quindi essere annullate in parte qua.

73 Inoltre, poiché nella parte successiva delle sentenze Yusuf e Kadi del Tribunale, relativa ai diritti fondamentali specifici invocati dagli interessati, quest’ultimo si era limitato ad esaminare la legittimità del regolamento controverso con esclusivo riferimento alle norme dello ius cogens, mentre era tenuto ad effettuare un esame, in linea di principio completo, con riferimento ai diritti fondamentali che fanno parte dei principi generali del diritto comunitario, la Corte ha giudicato che occorresse del pari annullare tale parte successiva delle suddette sentenze Yusuf e Kadi (sentenza Kadi della Corte, punto 330).

74 Ne consegue che le sentenze impugnate, dato che come ricordato ai precedenti punti 69 e 70 derivano dagli stessi fondamenti giuridici delle sentenze Yusuf e Kadi del Tribunale, sono inficiate dello stesso errore di diritto e devono quindi essere annullate per le stesse ragioni, nella parte in cui contengono la risposta del Tribunale ai motivi dedotti dai ricorrenti circa la violazione di taluni dei loro diritti fondamentali.

75 Siffatta conclusione non è rimessa in discussione dall’aggiunta, ai punti 95‑125 della sentenza impugnata Hassan e ai punti 117‑155 della sentenza impugnata Ayadi, di talune considerazioni in risposta agli argomenti più specificamente sviluppati dai ricorrenti, dato che il Tribunale ha concluso che tali considerazioni dimostravano la correttezza dei fondamenti giuridici delle sue sentenze Yusuf e Kadi, e, di conseguenza, delle sentenze impugnate.

76 Da ultimo si deve rilevare che, nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte, il sig. Hassan ha ammesso che il motivo, sollevato dinanzi al Tribunale e da questi rigettato, inerente alla presunta violazione del suo diritto alla vita privata e familiare garantito dall’art. 8 della CEDU, non era stato richiamato nel suo ricorso d’impugnazione. In tale contesto, non occorre esaminarlo.

77 I motivi dei ricorrenti sono quindi fondati ed occorre pertanto annullare le sentenze impugnate.

Sui ricorsi dinanzi al Tribunale

78 A norma dell’art. 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

79 Nella fattispecie, poiché lo stato degli atti dei ricorsi d’annullamento del regolamento controverso proposti dai ricorrenti lo consente, la Corte ritiene necessario statuire definitivamente sugli stessi.

80 In primo luogo, occorre esaminare la fondatezza delle censure sollevate dai ricorrenti con riferimento alla violazione dei diritti della difesa, in particolare il diritto al contraddittorio, e del diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo, che deriverebbe dalle misure di congelamento di capitali loro imposte dal regolamento controverso.

81 A tale proposito, si deve rilevare che è incontestato che le circostanze concrete in cui è intervenuta l’inclusione dei nomi dei ricorrenti nell’elenco delle persone e delle entità interessate dalle misure restrittive contenute nell’allegato I del regolamento controverso sono identiche a quelle in base alle quali i nomi degli interessati nelle cause oggetto della sentenza Kadi della Corte erano stati inseriti nel suddetto elenco.

82 Orbene, alla luce di tali circostanze, la Corte ha dichiarato, al punto 334 della citata sentenza Kadi, che i diritti della difesa, in particolare il diritto al contraddittorio, e il diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo del rispetto di questi ultimi non erano stati manifestamente rispettati.

83 Al punto 348 della medesima sentenza, la Corte ha altresì giudicato che, non avendo il Consiglio comunicato agli interessati gli elementi assunti a loro carico per fondare le misure restrittive loro imposte, né avendo concesso a questi ultimi il diritto di prenderne conoscenza entro un termine ragionevole dopo l’imposizione di tali misure, gli interessati non erano stato in grado di far conoscere utilmente il loro punto di vista in proposito. La Corte ne ha tratto la conclusione, al medesimo punto, che i diritti della difesa di questi ultimi, ed in particolare il diritto al contraddittorio, non erano stati rispettati.

84 Siffatta conclusione s’impone anche nelle presenti cause, e per le stesse ragioni, sicché occorre constatare che i diritti della difesa dei ricorrenti non sono stati rispettati.

85 Inoltre, al punto 349 della sentenza Kadi, la Corte ha dichiarato che, non essendo stati informati degli elementi assunti a loro carico e tenuto conto dei rapporti, rilevati ai punti 336 e 337 di tale sentenza, esistenti tra i diritti della difesa e il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, gli interessati non avevano neppure potuto difendere i loro diritti con riferimento a tali elementi in condizioni soddisfacenti dinanzi al giudice comunitario, cosicché doveva del pari rilevarsi una violazione del citato diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo.

86 La medesima conclusione s’impone anche nelle presenti cause con riguardo al diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo dei ricorrenti, sicché occorre constatare che, nella fattispecie, detto diritto fondamentale dei sigg. Hassan e Ayadi non è stato rispettato.

87 Del resto, si deve anche rilevare che nell’ambito dei presenti ricorsi non è stato posto rimedio a tale violazione. Infatti, dal momento che, stando alla posizione di principio adottata dal Consiglio, nessun elemento di tale natura può essere oggetto di verifica da parte del giudice comunitario, il Consiglio non ha fatto valere alcun elemento a tal fine (v., per analogia, sentenza Kadi della Corte, punto 350). Occorre inoltre constatare che il Consiglio, pur avendo preso atto, nell’ambito dei presenti ricorsi, dell’insegnamento della sentenza Kadi della Corte, non ha fornito alcuna indicazione in ordine agli elementi assunti a carico dei ricorrenti.

88 La Corte si vede quindi costretta a constatare di non essere in grado di procedere al controllo della legittimità del regolamento controverso nella parte in cui esso riguarda i ricorrenti, cosicché deve concludersi che, anche per tale motivo, il diritto fondamentale ad un ricorso giurisdizionale effettivo di cui essi godono non è stato rispettato nel caso concreto (v., per analogia, sentenza Kadi della Corte, punto 351).

89 Di conseguenza, deve concludersi che il regolamento controverso, nella parte in cui riguarda i ricorrenti, è stato adottato senza fornire alcuna garanzia quanto alla comunicazione degli elementi assunti a loro carico o quanto alla loro audizione in proposito, cosicché si deve constatare che esso è stato adottato nell’ambito di un procedimento in cui non sono stati rispettati i diritti della difesa dei ricorrenti, il che ha avuto altresì come conseguenza la violazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva (v., per analogia, sentenza Kadi della Corte, punto 352).

90 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che sono fondati i motivi sollevati dai sigg. Hassan e Ayadi a sostegno dei loro ricorsi d’annullamento avverso il regolamento controverso e basati su una violazione dei loro diritti di difesa, in particolare il diritto al contraddittorio, nonché del principio di tutela giurisdizionale effettiva (v., per analogia, sentenza Kadi della Corte, punto 353).

91 In secondo luogo, per quanto riguarda i motivi relativi alla violazione del diritto al rispetto della proprietà insita nelle misure di congelamento imposte in forza del regolamento controverso, la Corte ha dichiarato, al punto 366 della sentenza Kadi, che le misure restrittive imposte da detto regolamento rappresentano restrizioni al diritto di proprietà in linea di principio giustificabili.

92 Tuttavia, è pacifico che il regolamento controverso, nella parte riguardante i sigg. Hassan e Ayadi, è stato adottato senza fornire a questi ultimi alcuna garanzia che consentisse loro di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti, e ciò in un contesto in cui la restrizione dei loro diritti di proprietà dev’essere ritenuta considerevole, data la portata generale e la persistenza delle misure di congelamento a loro carico (v., per analogia, sentenza Kadi della Corte, punto 369).

93 Si deve quindi concludere che, nelle circostanze delle presenti cause, l’applicazione ai sigg. Hassan e Ayadi delle misure restrittive derivanti dal regolamento controverso, a causa della loro inclusione nell’elenco contenuto nell’allegato I del regolamento controverso, costituisce una restrizione ingiustificata dei loro diritti di proprietà (v., per analogia, sentenza Kadi della Corte, punto 370).

94 Pertanto, i motivi dei ricorrenti relativi alla violazione del diritto fondamentale al rispetto della proprietà sono fondati.

95 In tale contesto, non occorre più esaminare i motivi del sig. Hassan riguardanti la presunta violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall’art. 8 della CEDU.

96 Da quanto precede risulta che il regolamento controverso dev’essere annullato nella parte riguardante i ricorrenti, tenendo in considerazione le precisazioni enunciate al punto 67 della presente sentenza in ordine alla versione di tale regolamento interessata dai rispettivi ricorsi dei ricorrenti.

Sulle spese

97 Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è fondata e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. L’art. 69 del medesimo regolamento, che si applica al procedimento di impugnazione ai sensi dell’art. 118 di quest’ultimo, dispone, al suo paragrafo 2, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il paragrafo 4, primo comma, del medesimo art. 69 prevede che gli Stati membri intervenuti nella causa sopportino le proprie spese.

98 Poiché le impugnazioni del sig. Hassan e del sig. Ayadi devono essere accolte e poiché i regolamenti controversi devono essere annullati nelle parti che li riguardano e nei limiti descritti al precedente punto 67, il Consiglio dev’essere condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dai sigg. Hassan e Ayadi sia in primo grado sia nel corso delle presenti impugnazioni, in conformità alle conclusioni dei ricorrenti.

99 Il Regno Unito sopporta le proprie spese afferenti sia al procedimento di primo grado, sia alle impugnazioni.

100 La Repubblica francese sopporta le proprie spese afferenti alle impugnazioni.

101 La Commissione sopporta le proprie spese afferenti sia al procedimento di primo grado, sia all’impugnazione nella causa riguardante il sig. Hassan. La Commissione sopporta altresì le proprie spese nella causa riguardante il sig. Ayadi, inerenti sia al proprio intervento dinanzi al Tribunale, sia al procedimento dinanzi alla Corte.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) Le sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 12 luglio 2006, causa T‑49/04, Hassan/Consiglio e Commissione, nonché causa T‑253/02, Ayadi/Consiglio, sono annullate.

2) Il regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli ed estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 18 gennaio 2008, n. 46, è annullato nella parte in cui riguarda il sig. Hassan.

3) Il regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 9 agosto 2006, n. 1210, è annullato nella parte in cui riguarda il sig. Ayadi.

4) Il Consiglio dell’Unione europea è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dai sigg. Hassan e Ayadi sia in primo grado, sia nel corso delle presenti impugnazioni.

5) Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporta le proprie spese afferenti sia al procedimento di primo grado nella causa riguardante il sig. Ayadi, sia alle presenti impugnazioni.

6) La Repubblica francese sopporta le proprie spese.

7) La Commissione europea sopporta le proprie spese afferenti sia al procedimento di primo grado, sia all’impugnazione nella causa riguardante il sig. Hassan. La Commissione europea sopporta altresì le proprie spese nella causa riguardante il sig. Ayadi, inerenti sia al proprio intervento dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee, sia al procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Firme

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* Lingua processuale: l’inglese.