La Corte di Giustizia condanna l’Italia per non aver provveduto alla corretta trasposizione nell’ordinamento italiano dell’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 24 giugno 1992, 92/57/CEE, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE).

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

25 luglio 2008 (*)

«Inadempimento di uno Stato − Direttiva 92/57/CEE − Prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili − Art. 3, n. 1 − Trasposizione non corretta»

Nella causa C‑504/06,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 13 dicembre 2006,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalle sig.re L. Pignataro‑Nolin e I. Kaufmann‑Bühler, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. A. Tizzano, A. Borg Barthet, E. Levits e J.‑J. Kasel (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 aprile 2008,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo provveduto alla corretta trasposizione dell’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 24 giugno 1992, 92/57/CEE, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 245, pag. 6) è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva medesima.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

2 L’art. 3 della direttiva 92/57 così dispone:

«Coordinatori – Piano di sicurezza e di salute – Notifica preliminare

1. Il committente o il responsabile dei lavori designa uno o più coordinatori in materia di sicurezza e di salute, quali sono definiti all’articolo 2, lettere e) ed f), per un cantiere in cui sono presenti più imprese.

2. Il committente o il responsabile dei lavori controlla che sia redatto, prima dell’apertura del cantiere, un piano di sicurezza e di salute conformemente all’articolo 5, lettera b).

Previa consultazione delle parti sociali, gli Stati membri possono derogare al primo comma, tranne nel caso in cui si tratti:

– dei lavori che comportano rischi particolari quali sono enumerati all’allegato II

– o

– dei lavori per i quali è richiesta una notifica preliminare in applicazione del paragrafo 3 del presente articolo.

3. Per quanto riguarda un cantiere:

– in cui la durata presunta dei lavori è superiore a 30 giorni lavorativi e che occupa contemporaneamente più di 20 lavoratori

o

– la cui entità presunta è superiore a 500 uomini/giorni

il committente o il responsabile dei lavori prima dell’inizio dei lavori comunica alle autorità competenti la notifica preliminare, elaborata conformemente all’allegato III.

La notifica preliminare deve essere affissa in maniera visibile sul cantiere e, se necessario, essere aggiornata».

3 Ai sensi dell’art. 14, n. 1, di detta direttiva:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1993.

Essi ne informano immediatamente la Commissione».

4 La versione italiana della direttiva 92/57 ha costituito oggetto di una rettifica (GU 1993, L 33, pag. 18) per quanto riguarda il secondo trattino del suo art. 3, n. 2, secondo comma, che era stato omesso nel testo inizialmente pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

La normativa nazionale

5 La direttiva 92/57 è stata trasposta nell’ordinamento giuridico italiano per mezzo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (Supplemento ordinario alla GURI n. 223 del 23 settembre 1996), modificato dai decreti legislativi 19 novembre 1999, n. 528 (GURI n. 13 del 18 gennaio 2000, pag. 20), e 10 settembre 2003, n. 276 (Supplemento ordinario alla GURI n. 235 del 9 ottobre 2003; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 494/96»).

6 L’obbligo di designare coordinatori è ripreso all’art. 3, commi 3 e 4, del decreto n. 494/96, così redatto:

«3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione in ognuno dei seguenti casi:

a) nei cantieri la cui entità presunta del cantiere è pari o superiore ai 200 uomini‑giorno;

b) nei cantieri i cui lavori comportano rischi particolari elencati nell’allegato II.

4. Nei casi di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, che deve essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 10».

Procedimento precontenzioso

7 A seguito di uno scambio di corrispondenza in merito alla trasposizione nel diritto nazionale della direttiva 92/57 e ritenendo che l’art. 3, n. 1, di quest’ultima non fosse stato recepito correttamente, la Commissione avviava il procedimento per inadempimento di cui all’art. 226, primo comma, CE e, il 13 luglio 2005, intimava alla Repubblica italiana di presentare le proprie osservazioni.

8 Non avendo il detto Stato membro risposto alla lettera di diffida, la Commissione emetteva, in data 10 aprile 2006, un parere motivato, invitando lo Stato medesimo ad adottare i provvedimenti necessari a garantire la corretta trasposizione della direttiva di cui trattasi entro il termine di due mesi a decorrere dalla notifica del parere.

9 Non avendo la Repubblica italiana dato alcun seguito a detto parere motivato, la Commissione decideva di proporre il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

10 La Commissione rileva che la normativa italiana limita l’obbligo di designare uno o più coordinatori in materia di sicurezza e di salute, prescritto dall’art. 3, n. 1, della direttiva 92/57, a due fattispecie, vale a dire ai cantieri la cui entità presunta sia pari o superiore a 200 uomini/giorno e a quelli i cui lavori comportano rischi particolari.

11 Secondo la Commissione, dal dettato dell’art. 3, n. 1 della direttiva 92/57 si evince tuttavia chiaramente che non è consentita alcuna restrizione per quanto concerne l’obbligo di designare coordinatori. La possibilità di deroga di cui n. 2 di detto articolo riguarderebbe unicamente la predisposizione, prima dell’apertura del cantiere, di un piano di sicurezza e di salute e non la designazione di uno o di più coordinatori.

12 Infatti, come risulta dalla versione francese dell’art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 92/57, gli «Stati membri (…) possono derogare al primo comma», il quale impone l’obbligo di predisporre, in talune ipotesi, un piano di sicurezza e di salute. La possibilità di deroga quindi prevista al detto comma sarebbe pertanto chiaramente limitata all’ambito di applicazione del n. 2 di tale articolo. Non sarebbe possibile ravvisarvi la possibilità di derogare all’obbligo sancito dal precedente n. 1 del medesimo articolo.

13 Tale rilievo sarebbe avvalorato dalla lettera e dalla finalità della direttiva 92/57. Infatti, ai sensi degli artt. 1 e 2 di tale direttiva, le prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute si applicano a tutti i cantieri mobili. Inoltre, dal sesto e dal settimo ‘considerando’ della stessa direttiva si evincerebbe che l’obbligo di designare un coordinatore deve essere considerato quale regola di applicazione generale nell’ambito dei cantieri temporanei o mobili, considerato che questi ultimi costituiscono un settore di attività che espone i lavoratori a rischi particolarmente elevati.

14 La Repubblica italiana replica, anzitutto, che la versione italiana della direttiva 92/57 ricorre, per quanto attiene all’art. 3, n. 2, secondo comma, al termine «comma», il quale, secondo l’uso corrente in tale Stato membro, dovrebbe esser interpretato come termine che designa un paragrafo e non un periodo o capoverso. Detta disposizione consentirebbe quindi di derogare all’obbligo previsto dall’art. 3, n. 1, della direttiva 92/57.

15 La Repubblica italiana, ritenendo di non essere tenuta ad una previa verifica della concordanza tra la versione italiana e le altre versioni linguistiche della direttiva 92/57, avrebbe quindi correttamente trasposto la direttiva medesima nel diritto nazionale. Secondo la Repubblica italiana, lo strumento legislativo di trasposizione potrebbe essere emendato solamente a seguito di una rettifica ufficiale della direttiva di cui trattasi. Al fine di eliminare ogni possibile equivoco, occorrerebbe segnatamente far ricorso, a parere di tale Stato membro, per il detto art. 3, n. 2, secondo comma, a una formula più precisa che faccia rientrare la deroga nell’ambito di applicazione del n. 2 di tale articolo, utilizzando ad esempio l’espressione «al paragrafo 2, primo comma».

16 La Commissione contesta tale tesi sottolineando che il tenore letterale della versione italiana della direttiva 92/57 corrisponde alla terminologia utilizzata in diritto comunitario, in cui il termine «comma» significa «periodo» o «capoverso». Una rettifica della versione italiana della citata direttiva non sarebbe pertanto necessaria.

17 La Repubblica italiana prosegue rilevando che, in ogni caso, la deroga all’obbligo di designare un coordinatore, prevista dalla normativa nazionale, vale in realtà solo per i cantieri di entità ridotta, in merito ai quali le parti sociali avrebbero convenuto, come previsto da detta direttiva, che i rischi d’interferenza tra i diversi tipi di impresa sono più ridotti.

18 Secondo la Repubblica italiana, l’obbligo di designare sistematicamente un coordinatore per tale genere di cantieri, previsto dalla Commissione, comporterebbe l’imposizione di vincoli burocratici e determinerebbe spese supplementari. Tale obbligo risulterebbe peraltro ulteriormente inasprito da una giurisprudenza nazionale in forza della quale la scelta del coordinatore in materia di sicurezza e di salute deve ricadere su una persona esterna al cantiere, posto che un dipendente, per mancanza di indipendenza e autonomia sufficienti, non potrebbe assumersi la responsabilità di tale missione.

19 La Repubblica italiana aggiunge che siffatto obbligo, consistente nell’imporre in ogni caso la designazione di un coordinatore non è solamente privo di qualsiasi giustificazione obiettiva, bensì anche contrario agli obiettivi della direttiva 92/57 che, ai sensi del suo primo e secondo ‘considerando’, è volta a prevenire l’imposizione di vincoli supplementari che possano ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.

20 All’udienza, la Repubblica italiana ha fatto riferimento al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (Supplemento ordinario alla GURI del 30 aprile 2008, n. 101) che ha sostituito, segnatamente, il decreto legislativo n. 494/96 concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili.

21 Esaminato il testo di tale nuova normativa, la Commissione ha tuttavia ritenuto che essa continuasse a prevedere una deroga all’obbligo di designare coordinatori, obbligo tuttavia previsto in termini assoluti all’art. 3 della direttiva 92/57 e che, pertanto, non vi fosse alcuna ragione per desistere dal suo ricorso.

Giudizio della Corte

22 Con il proprio ricorso, la Commissione intende far dichiarare che la Repubblica italiana, prevedendo deroghe all’obbligo di designare coordinatori in materia di sicurezza e di salute per i cantieri in cui operano più imprese, non ha provveduto alla corretta trasposizione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 92/57.

23 A questo proposito, per quanto riguarda, in limine, l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana secondo cui la nuova normativa da essa richiamata all’udienza comporterebbe ormai il recepimento dei requisiti di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 92/57, si deve rilevare che Corte non può tener conto di tale normativa nazionale.

24 Infatti, secondo una giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (v., in tal senso, sentenze 26 aprile 2007, causa C‑135/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3475, punto 36, e 10 aprile 2008, causa C‑442/06, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42).

25 Ciò premesso, senza che occorra esaminare la conformità con la direttiva 92/57 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è sufficiente rilevare, nel caso di specie, che esso è stato adottato successivamente alla scadenza del termine impartito nel parere motivato.

26 Per quanto riguarda, poi, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui i termini italiani «primo comma», utilizzati all’art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 92/57, devono essere interpretati, secondo l’uso corrente nella terminologia giuridica italiana, nel senso di «paragrafo 1», di modo che essi si riferirebbero non all’obbligo di predisporre un piano di sicurezza e di salute, bensì a quello di designare uno o più coordinatori, è sufficiente rilevare che la Repubblica italiana stessa riconosce, ai punti 7‑9 del proprio controricorso, che nella terminologia comunitaria la parola italiana «comma» designa solitamente un periodo o un capoverso e che la possibilità di deroga di cui all’art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 92/57 si riferisce, nelle intenzioni del legislatore comunitario, a un obbligo diverso rispetto a quello cui si è rifatto il legislatore italiano.

27 D’altra parte, come la Corte ha già avuto modo di precisare, è certamente vero che le norme comunitarie sono redatte in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura. Inoltre, sarebbe stato preferibile evitare ogni possibile ambiguità nella terminologia utilizzata al secondo comma dell’art. 3, n. 2, della versione italiana della direttiva 92/57. Ciò non toglie, tuttavia, che le nozioni giuridiche non presentano necessariamente lo stesso contenuto nel diritto comunitario e nei vari diritti nazionali, dato che il diritto comunitario impiega una terminologia che gli è propria (v., in tal senso, sentenza della Corte 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punti 18 e 19).

28 Per di più, anche ammesso che una lettura isolata e letterale del secondo comma dell’art. 3, n. 2, della direttiva 92/57 possa risolversi nell’interpretazione del termine «comma» sostenuta dalla Repubblica italiana, resta il fatto, tuttavia, che una siffatta interpretazione è inconciliabile tanto con la struttura e il contenuto dell’art. 3 della direttiva 92/57, complessivamente considerato, quanto con il sistema generale di tale direttiva in cui detta disposizione si inserisce (v. in tal senso, in particolare, sentenze 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau, Racc. pag. 1999, punto 14; 24 febbraio 2000, causa C‑434/97, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1129, punto 22, e 7 dicembre 2000, causa C‑482/98, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑10861, punto 49).

29 Infatti, l’art. 3 in esame è suddiviso in tre paragrafi numerati che enunciano tre regole di diritto chiaramente distinte vertenti, rispettivamente, sulla designazione di coordinatori, sul piano di sicurezza e di salute nonché sulla notifica preliminare ai lavori di una certa importanza proveniente dal committente o dal responsabile dei lavori. Tale suddivisione in tre paragrafi emerge del resto dallo stesso titolo dell’art. 3 della direttiva 92/57, vale a dire: «Coordinatori – Piano di sicurezza e di salute – Notifica preliminare». In base a tale struttura, la designazione dei coordinatori è quindi esclusivamente disciplinata al n. 1 di questo articolo, mentre il n. 2 dello stesso articolo contempla le regole relative al piano di sicurezza e salute. Inoltre, l’ultimo paragrafo di detto art. 3 si articola in due commi che contengono, il primo, la formulazione di una regola e, il secondo, quella di una deroga.

30 Ne deriva che la deroga contenuta al secondo comma dell’art. 3, n. 2, della detta direttiva può riferirsi solo alla regola che la precede immediatamente, vale a dire quella che riguarda la redazione di un piano di sicurezza e di salute.

31 D’altra parte, si deve necessariamente constatare che numerose disposizioni della direttiva 92/57 rinviano all’obbligo di designare uno o più coordinatori. In tal senso, gli artt. 5 e 6 di tale direttiva, relativi ai compiti dei coordinatori durante la progettazione e la realizzazione dell’opera, si riferiscono in maniera esplicita ai coordinatori di sicurezza e di salute di cui all’art. 3, n. 1, della detta direttiva. Emerge peraltro che il rinvio a detto n. 1 è in tal caso tradotto, nella versione italiana della direttiva 92/57, con i termini «articolo 3, paragrafo 1».

32 Orbene, accogliere l’argomento della Repubblica italiana, secondo cui la deroga di cui all’art. 3, n. 2, secondo comma, di detta direttiva si applicherebbe al n. 1 dello stesso articolo a causa di un’incertezza in merito alla definizione dei termini utilizzati, equivarrebbe ad ammettere che la versione italiana della direttiva 92/57 utilizzi indistintamente i termini «comma» e «paragrafo» per designare la stessa parte di tale art. 3, vale a dire il suo n. 1.

33 Ad ogni modo, con la rettifica di detto art. 3, n. 2, secondo comma, nella sua versione italiana, e con l’utilizzo, a tale riguardo, al secondo trattino di tale disposizione, del termine «paragrafo 3» per fare riferimento al n. 3 di detto art. 3, risultava evidente che i termini «primo comma», utilizzati all’art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 92/57, dovevano essere intesi designare il primo periodo o capoverso di tale art. 3, n. 2.

34 Per quanto riguarda infine gli altri argomenti avanzati dalla Repubblica italiana, si deve rilevare che neanch’essi possono essere accolti.

35 Infatti, in primo luogo, è irrilevante sapere se la possibilità prevista dal diritto italiano di eludere l’obbligo di designazione di uno o di più coordinatori in materia di sicurezza e salute sussista solo in ipotesi molto residuali e di portata limitata, in quanto l’art. 3, n. 1, della direttiva 92/57, la cui formulazione è chiara e precisa, non ammette alcuna deroga a tale obbligo.

36 In secondo luogo, quanto all’argomento della Repubblica italiana secondo cui la designazione del coordinatore comporterebbe un aggravio degli adempimenti burocratici e degli oneri finanziari, in particolare per le piccole e le medie imprese, occorre rilevare che, come emerge dal preambolo della direttiva 92/57, lungi dal costituire una semplice formalità amministrativa, la designazione di un siffatto coordinatore è necessaria per assicurare la sicurezza e la salute dei lavoratori in un settore che li espone a rischi particolarmente elevati e deve, pertanto, essere considerata come un obbligo fondamentale alla luce dell’obiettivo, perseguito da detta direttiva, di combattere l’aumento del numero di infortuni sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili.

37 Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, i requisiti in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori, prescritti dalla direttiva 92/57, non ostacolano affatto la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese. Sebbene, ai sensi dell’art. 137 CE, le direttive adottate dal Consiglio dell’Unione europea al fine di garantire un miglior livello di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori devono evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici, occorre rilevare che, nell’attribuire al Consiglio il potere di adottare prescrizioni minime in tale settore, detto articolo non ha affatto pregiudicato l’intensità dell’azione che questa istituzione può ritenere necessaria per assolvere il compito assegnatole. L’utilizzo dell’espressione «prescrizioni minime» di cui all’art. 137 CE è volto soltanto, come è peraltro confermato dal n. 3 della medesima disposizione, a consentire agli Stati membri di adottare norme più rigorose di quelle oggetto dell’intervento comunitario (v., in tal senso, sentenza 12 novembre 1996, causa C‑84/94, Regno Unito/Consiglio, pag. I‑5755, punto 17).

38 In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la designazione del coordinatore in materia di sicurezza e di salute comporterebbe spese supplementari, considerato che, in particolare, la giurisprudenza esistente in Italia richiede la nomina di una persona esterna al cantiere, va rammentato che uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini prescritti dalle direttive comunitarie (v., in particolare, sentenze 25 settembre 2003, causa C‑74/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑9877, punto 18, e 18 luglio 2006, causa C‑119/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑6885, punto 25).

39 A tal riguardo, occorre aggiungere, da un lato, che il testo della direttiva 92/57 non osta alla designazione del committente o del responsabile dei lavori come coordinatore in materia di sicurezza nonché di salute e, dall’altro che dalla dichiarazione del Consiglio e della Commissione al processo verbale del 24 giugno 1992 del Consiglio (documento 7567/92, del 21 dicembre 1992), rilasciata al momento dell’adozione di detta direttiva, emerge che una persona può ricoprire simultaneamente più funzioni definite all’art. 2, lett. b), c), e) e f), di detta direttiva.

40 In quarto luogo, per quanto riguarda i compiti affidati al coordinatore in materia di sicurezza e di sanità, la Repubblica italiana, affermando che il rinvio ai principi generali di prevenzione in materia di norme di sicurezza e di salute previsti dalla direttiva 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), trasposta nel diritto italiano per mezzo del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (Supplemento ordinario alla GURI del 12 novembre 1994, n. 265), consente di assicurare una tutela sufficiente a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori nei cantieri anche in mancanza di designazione di un coordinatore, ha essa stessa ammesso, al punto 22 della propria controreplica, che tale normativa copre solo «gran parte degli altri compiti del coordinatore».

41 È pur vero, la direttiva 89/391 contiene delle disposizioni in materia di sicurezza e di salute che trovano applicazione qualora, in uno stesso luogo di lavoro, operino i lavoratori di più imprese. Tuttavia, va rilevato che l’art. 6, n. 4, della direttiva medesima si limita a decretare un obbligo generale di cooperazione e di coordinamento a carico dei datori di lavoro, distinto dai compiti assegnati al coordinatore in materia di sicurezza e di salute ai sensi degli artt. 5 e 6 della direttiva 92/57.

42 Al coordinatore in materia di sicurezza e di salute vengono quindi attribuiti, ai sensi dell’art. 5, lett. b) e c), della direttiva 92/57, obblighi specifici durante la progettazione dell’opera, quali la predisposizione di un piano di sicurezza e di salute o di un fascicolo specifico in relazione a eventuali lavori successivi.

43 D’altra parte, ai sensi dell’art. 6 della direttiva 92/57, al medesimo spetta, durante la realizzazione dell’opera in particolare di assicurare l’effettivo rispetto da parte dei datori di lavoro dei loro obblighi nei confronti dei lavoratori in materia di sicurezza e di salute nelle diverse fasi di progettazione e di realizzazione dell’opera.

44 Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, il ricorso della Commissione deve essere considerato fondato.

45 Occorre pertanto dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo provveduto alla corretta trasposizione nell’ordinamento italiano dell’art. 3, n. 1, della direttiva 92/57, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva medesima.

Sulle spese

46 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a tenore del n. 3, primo comma dello stesso articolo, la Corte può compensare in tutto o in parte le spese per motivi eccezionali. Nel caso di specie, tenuto conto del fatto che il testo dell’art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 92/57 nella sua versione italiana comporta talune ambiguità linguistiche, le spese vanno compensate.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1) Non avendo provveduto alla corretta trasposizione nell’ordinamento italiano dell’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 24 giugno 1992, 92/57/CEE, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva medesima.

2) Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

Firme

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* Lingua processuale: l’italiano.