L’Italia, la Costituzione e la (seconda) guerra di Libia

 

1. Prologo

Nell’ora attuale, secondo quanto riferito dal Ministro della difesa Ignazio La Russa alle Camere[1], quattro velivoli Tornado ECR, impiegabili contro i radar della difesa aerea, quattro velivoli F-16 impiegabili in operazioni di scorta in volo e di difesa aerea, nonché un gruppo navale composto dalla portaerei Giuseppe Garibaldi, dall’incrociatore Andrea Doria, dalla fregata Euro e dal pattugliatore Spica sono impiegati in operazioni militari contro la Libia. Già “nella fase precedente alla risoluzione”[2] n. 1973/2011 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite del 17 marzo 2011, peraltro, l’Italia avrebbe messo a disposizione di altri paesi le basi di Amendola, Gioia del Colle, Sigonella, Aviano, Trapani, Decimomannu e Pantelleria per lo svolgimento di azioni analoghe[3]. Colpisce, nella discussione politica e, più in generale, nel dibattito pubblico suscitati dalla missione militare italiana – pur con qualche eccezione di tutto rilievo, di cui si darà conto – lo scarso rilievo assegnato al problema della “copertura” costituzionale di tale intervento, sia sul piano procedimentale, sia su quello, almeno altrettanto rilevante, del rispetto dei princìpi della Carta repubblicana e, segnatamente, del principio del ripudio della guerra. In tal senso, appare degno di menzione come nessuna delle risoluzioni approvate dalla Camera dei deputati lo stesso 24 marzo 2011[4], dal Senato della Repubblica la vigilia[5] e, precedentemente, dalle Commissioni riunite III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) della Camera dei deputati il 18 marzo 2011[6] e dalle Commissioni riunite III (Affari esteri, emigrazione) e IV (Difesa) del Senato della Repubblica il medesimo giorno[7] faccia alcun riferimento all’art. 11 Cost., mentre ampio rilievo viene invece riservato alla succitata risoluzione n. 1973/2011.

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