Corte di Giustizia, condanna dell’Italia per mancata trasposizione della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti.

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

10 aprile 2008 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 1999/31/CE – Discariche di rifiuti – Normativa nazionale relativa alle discariche esistenti – Trasposizione non corretta»

Nella causa C‑442/06,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 26 ottobre 2006,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra D. Recchia e dal sig. M. Konstantinidis, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. L. Bay Larsen, K. Schiemann, J. Makarczyk e dalla sig.ra C. Toader (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott,

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di decidere la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, avendo adottato e mantenuto in vigore il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, (Supplemento ordinario alla GURI n. 40 del 12 marzo 2003), come modificato dal decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 (GURI n. 230 del 30 ottobre 2005, pag. 4; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 36/2003»), che traspone nell’ordinamento nazionale le disposizioni della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182, pag. 1), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 2‑14 di tale direttiva.

Contesto normativo

Normativa comunitaria

2 Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 1999/31 ha lo scopo di prevedere misure, procedure e orientamenti volti a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente risultanti dalle discariche di rifiuti.

3 L’art. 2 contiene l’elenco delle definizioni a cui si riferisce la direttiva. Esso menziona in particolare le nozioni di rifiuti e di discariche, queste ultime intese come le aree di smaltimento dei rifiuti adibite al deposito degli stessi sulla o nella terra. All’art. 3, la direttiva 1999/31 definisce il suo ambito di applicazione stabilendo che essa riguarda, in linea di principio, tutte le discariche, quali specificate al suo art. 2.

4 Agli artt. 4 e 6, la direttiva 1999/31 suddivide le discariche in tre categorie, ossia le discariche per rifiuti pericolosi, le discariche per rifiuti non pericolosi nonché le discariche per rifiuti inerti, ed essa precisa quali sono i rifiuti ammissibili in queste tre categorie di discariche.

5 Per quanto riguarda i rifiuti e i trattamenti non ammissibili in una discarica, tale direttiva prevede, all’art. 5, n. 1, che «[n]on oltre due anni dopo la data [di trasposizione della detta direttiva] gli Stati membri elaborano una strategia nazionale al fine di procedere alla riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare a discarica e la notificano alla Commissione», fissando al n. 2 di tale art. 5, i termini per l’attuazione di tale riduzione dei rifiuti.

6 L’art. 10 della direttiva 1999/31 stabilisce regole riguardanti i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche. L’art. 11 e l’allegato II di tale direttiva stabiliscono le regole relative alle procedure di ammissione dei rifiuti nelle discariche, l’art. 12 e l’allegato III della detta direttiva fissano quelle relative alle procedure di controllo e di sorveglianza delle operazioni compiute all’interno delle discariche e l’art. 13 della stessa direttiva riguarda la procedura di chiusura e di gestione successiva alla chiusura.

7 La direttiva 1999/31 prevede, agli artt. 7‑9, la procedura di autorizzazione di nuove discariche. Essa sottopone altresì le discariche preesistenti a misure particolari. Al riguardo, l’art. 14 di tale direttiva dispone:

«Gli Stati membri adottano misure affinché le discariche che abbiano ottenuto un’autorizzazione o siano già in funzione al momento del recepimento della presente direttiva possano rimanere in funzione soltanto se i provvedimenti in appresso sono adottati con la massima tempestività e al più tardi entro otto anni dalla data prevista all’articolo 18, paragrafo 1:

a) entro un anno dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, il gestore della discarica elabora e presenta all’approvazione dell’autorità competente un piano di riassetto della discarica comprendente le informazioni menzionate nell’articolo 8 e le misure correttive che ritenga eventualmente necessarie al fine di soddisfare i requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, punto 1;

b) in seguito alla presentazione del piano di riassetto, le autorità competenti adottano una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni in base a detto piano e alla presente direttiva. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per far chiudere al più presto, a norma dell’articolo 7, lettera g), e dell’articolo 13, le discariche che, in forza dell’articolo 8, non ottengono l’autorizzazione a continuare a funzionare;

c) sulla base del piano approvato, le autorità competenti autorizzano i necessari lavori e stabiliscono un periodo di transizione per l’attuazione del piano. Tutte le discariche preesistenti devono conformarsi ai requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, punto 1, entro otto anni dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1;

d) i) entro un anno dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, gli articoli 4, 5, e 11 e l’allegato II si applicano alle discariche di rifiuti pericolosi;

ii) entro tre anni dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, l’articolo 6 si applica alle discariche di rifiuti pericolosi».

8 L’art. 18 della direttiva 1999/31 fissa il termine di trasposizione di quest’ultima nei termini seguenti:

«1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro due anni dalla sua entrata in vigore. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

(…)»

9 Tale direttiva è entrata in vigore il 16 luglio 1999. Il termine di trasposizione previsto all’art. 18 di quest’ultima è scaduto il 16 luglio 2001.

10 Il 19 dicembre 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2003/33/CE, che stabilisce criteri e procedure per l’ammissione dei rifiuti nelle discariche, ai sensi dell’art. 16 e dell’allegato II della direttiva 1999/31 (GU 2003, L 11, pag. 27).

Normativa nazionale

11 Il decreto legislativo n. 36/2003 traspone, nell’ordinamento italiano, tutte le disposizioni della direttiva 1999/31.

12 Esso prevede in particolare, all’art. 5, che le regioni debbono elaborare e approvare, entro il termine di un anno a partire dalla sua entrata in vigore, un programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili presenti nelle discariche. Esso fissa anche le scadenze da rispettare ai fini di una riduzione graduale di tali rifiuti nelle discariche. L’art. 6 del decreto legislativo n. 36/2003 traspone la disposizione della direttiva 1999/31 riguardante i rifiuti non ammissibili in una discarica, mentre l’art. 11 dello stesso decreto fissa le regole procedurali relative all’ammissione dei rifiuti nelle discariche.

13 L’art. 17 di tale decreto legislativo, dal titolo «Disposizioni transitorie e finali», che fissa le regole relative al trattamento delle discariche preesistenti, dispone:

«1. Le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto possono continuare a ricevere, fino al 31 dicembre 2006, i rifiuti per cui sono state autorizzate.

2. Fino al 31 dicembre 2006 è consentito lo smaltimento nelle nuove discariche, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla deliberazione del Comitato interministeriale del 27 luglio 1984, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 253 del 13 settembre 1984 (…) relativamente:

a) nelle discariche per rifiuti inerti, ai rifiuti precedentemente avviati a discariche di II categoria, tipo A;

b) nelle discariche per rifiuti non pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di prima categoria e di II categoria, tipo B;

c) nelle discariche per rifiuti pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di II categoria tipo C e terza categoria.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il titolare dell’autorizzazione di cui al comma 1 o, su sua delega, il gestore della discarica, presenta all’autorità competente un piano di adeguamento della discarica alle previsioni di cui al presente decreto, incluse le garanzie finanziarie di cui all’articolo 14.

4. Con motivato provvedimento l’autorità competente approva il piano di cui al comma 3, autorizzando la prosecuzione dell’esercizio della discarica e fissando i lavori di adeguamento, le modalità di esecuzione e il termine finale per l’ultimazione degli stessi, che non può in ogni caso essere successivo al 16 luglio 2009. (…)

5. In caso di mancata approvazione del piano di cui al comma 3, l’autorità competente prescrive modalità e tempi di chiusura della discarica, conformemente all’articolo 12, comma 1, lettera c).

(…)».

14 La deliberazione del comitato interministeriale del 27 luglio 1984, a cui rinvia l’art. 17, n. 2, del decreto legislativo n. 36/2003, prevede la classificazione delle discariche in tre categorie. Le discariche di II categoria, tipo C, e quelle di III categoria, alle quali fa riferimento il detto art. 17, n. 2, lett. c), sono quelle destinate a ricevere rifiuti tossici e pericolosi (punti 4.2.3.3 e 4.2.4 della detta deliberazione).

Procedimento precontenzioso

15 A seguito di un reclamo in cui veniva segnalata una non corretta trasposizione della direttiva 1999/31 ad opera del decreto legislativo n. 36/2003, il 17 ottobre 2003 la Commissione inviava alla Repubblica italiana una lettera di diffida in cui faceva valere che tale decreto legislativo non era conforme agli artt. 2, 5, 6, 10, 13 e 14 di tale direttiva. Nella parte introduttiva di tale lettera, la Commissione sottolineava che le osservazioni contenute nella lettera stessa «[non pregiudicavano] il fatto che ulteriori questioni [avrebbero potuto] eventualmente essere portate all’attenzione delle autorità italiane».

16 La Repubblica italiana rispondeva a tale lettera con due note distinte, rispettivamente in data 12 dicembre 2003 e 28 gennaio 2004.

17 Il 9 luglio 2004, la Commissione inviava a tale Stato membro una lettera di diffida complementare in cui essa esprimeva dubbi sul carattere corretto della trasposizione non solo degli articoli della direttiva 1999/31 considerati nella lettera di diffida iniziale, ma anche degli artt. 3, 4, 7‑9, 11 e 12 della stessa direttiva. Essa invitava inoltre la Repubblica italiana a fornire informazioni sull’esatto numero di discariche cui non erano applicabili le disposizioni della detta direttiva relative alle nuove discariche nonché a presentare le sue osservazioni entro un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento della lettera di diffida complementare.

18 Non ritenendosi soddisfatta dai chiarimenti forniti dalla Repubblica italiana, il 19 dicembre 2005 la Commissione inviava a quest’ultima un parere motivato. In tale parere essa ritirava alcuni degli addebiti formulati nella lettera di diffida iniziale e confermava quelli basati sulla non conformità alla direttiva 1999/31 delle disposizioni nazionali relative alle discariche preesistenti. Essa intimava altresì alla Repubblica italiana di prendere le disposizioni necessarie per conformarsi a tale parere motivato entro un termine di due mesi dal ricevimento dello stesso.

19 Non essendo rimasta convinta dagli argomenti addotti dalla Repubblica italiana in risposta al detto parere motivato nella sua nota del 28 febbraio 2006, la Commissione ha proposto il ricorso in esame.

Sul ricorso

Sull’eccezione di irricevibilità, fondata sull’irregolarità del procedimento precontenzioso

20 La Repubblica italiana fa valere un vizio che a suo parere inficia il procedimento precontenzioso, vizio che comporterebbe l’irricevibilità del ricorso della Commissione. Essa rileva che tale istituzione ha modificato gli addebiti fatti valere. Infatti, mentre nella lettera di diffida iniziale, per quanto riguarda il trattamento delle discariche preesistenti, la Commissione aveva menzionato la non conformità all’art. 14 della direttiva 1999/31 del decreto legislativo n. 36/2003, essa ha fatto valere, nella lettera di diffida complementare, la violazione degli artt. 2‑14 della stessa direttiva. Tale Stato membro sottolinea altresì che, già nella lettera di diffida iniziale, la Commissione aveva inserito una menzione secondo la quale «ulteriori dubbi» avrebbero potuto sorgere in futuro quanto alla conformità alla direttiva 1999/31 della normativa nazionale di recepimento di quest’ultima. L’inserimento di tale menzione consentirebbe alla Commissione di modificare gli addebiti mossi nei confronti di uno Stato membro, secondo le sue esigenze e senza che essa sia tenuta ad avviare un nuovo procedimento per inadempimento. D’altro canto, l’estensione della diffida complementare a nuovi addebiti comporterebbe una violazione del dovere di leale collaborazione di cui all’art. 10 CE.

21 La Commissione contesta l’esistenza di una siffatta violazione dato che la lettera di diffida complementare inviata alla Repubblica italiana aveva lo scopo di aggiungere nuovi addebiti o di modificare quelli già fatti valere. Per specificare quanto già esposto in una lettera di diffida e per integrare l’analisi della risposta delle autorità nazionali, la Commissione rivolgerebbe allo Stato membro interessato un parere motivato. Invece, conformemente all’art. 226 CE, per estendere gli addebiti fatti valere, la Commissione invierebbe al detto Stato una lettera di diffida complementare sulla quale quest’ultimo avrebbe la possibilità di presentare i propri argomenti.

22 A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la regolarità del procedimento precontenzioso costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato CE, non soltanto a tutela dei diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita. Da tale finalità risulta che la lettera di diffida ha lo scopo, da un lato, di circoscrivere l’oggetto del contendere e di fornire allo Stato membro, invitato a presentare le sue osservazioni, i dati che gli occorrono per predisporre la propria difesa e, dall’altro, di permettere a detto Stato di mettersi in regola prima che venga adita la Corte (sentenze 13 dicembre 2001, causa C‑1/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑9989, punto 54, e 5 novembre 2002, causa C‑476/98, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑9855, punti 46 e 47).

23 La Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida complementare, impartendo a tale Stato membro un nuovo termine per presentare le sue osservazioni, prima di inviargli un parere motivato fondato sugli stessi addebiti contenuti in tale lettera di diffida complementare. Pertanto la Commissione non ha leso i diritti della difesa, dato che la Repubblica italiana è stata messa in grado di predisporre la sua difesa prima di ricevere il parere motivato.

24 Di conseguenza, tale eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica italiana dev’essere respinta.

Sul primo motivo di doglianza, relativo alla violazione degli artt. 2‑14 della direttiva 1999/31 derivante dal ritardo con cui si è proceduto alla trasposizione di quest’ultima

Argomenti delle parti

25 La Commissione sostiene che, a seguito della trasposizione tardiva della direttiva 1999/31, avvenuta solo il 27 marzo 2003 con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2003, mentre tale trasposizione avrebbe dovuto essere operata entro il 16 luglio 2001, il trattamento applicato, nell’ordinamento italiano, alle discariche autorizzate tra il 16 luglio 2001 e il 27 marzo 2003 è stato quello riservato alle discariche preesistenti e non quello, più rigoroso, previsto per le discariche nuove. La Repubblica italiana avrebbe quindi violato, per quanto riguarda tali discariche, gli artt. 2‑14 di tale direttiva, in quanto tali articoli non sarebbero stati applicati a tutte le dette discariche, che avrebbero dovuto, invece, essere considerate come nuove. Le autorità italiane avrebbero così deliberatamente scelto di violare le disposizioni comunitarie interessate, dato che, anche trasponendo tardivamente la detta direttiva, esse avrebbero potuto e dovuto assoggettare queste stesse discariche al trattamento riservato dalla stessa direttiva alle discariche nuove.

26 La Commissione aggiunge che il fatto, invocato durante il procedimento amministrativo, che la Repubblica italiana abbia preferito attendere, in maniera unilaterale, l’adozione della decisione 2003/33/CE, non giustifica il ritardo con cui si è proceduto alla trasposizione della direttiva 1999/31. Infatti, tale trasposizione non dipenderebbe in alcun modo dall’esistenza di un atto del genere, dato che, conformemente alla direttiva stessa, gli Stati membri dovevano utilizzare criteri nazionali conformi alle prescrizioni dell’allegato II di quest’ultima.

27 La Repubblica italiana solleva, in primo luogo, un’eccezione di irricevibilità di tale motivo di doglianza affermando che la Commissione non può adire la Corte sulla base del ritardo con cui si è proceduto alla trasposizione della direttiva 1999/31 mentre il decreto legislativo di trasposizione è stato adottato prima dell’avvio del procedimento precontenzioso e tale ritardo costituisce un fatto a cui è impossibile rimediare.

28 Tale Stato membro fa valere, in secondo luogo, che il detto ritardo ha comportato la necessità di sottoporre, per motivi esclusivamente tecnici e amministrativi, le discariche autorizzate tra la data di scadenza del termine di trasposizione della direttiva 1999/31 e quella dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2003 agli obblighi fissati da tale direttiva per quanto riguarda le discariche preesistenti. Infatti, sarebbe stato necessario prevedere, per tali discariche, in cui era già presente una determinata quantità di rifiuti, un periodo transitorio durante il quale i titolari di autorizzazioni di gestione avrebbero dovuto provvedere all’adeguamento delle discariche stesse. Tale regime transitorio risponderebbe, inoltre, alla necessità di non creare una situazione di disparità per gli operatori economici già beneficiari di autorizzazioni del genere alla data di entrata in vigore del detto decreto legislativo. Il regime considerato sarebbe stato, in ogni caso, estremamente vincolante e avrebbe previsto un termine imperativo per la presentazione di un piano di adeguamento dei siti più breve di quello fissato dalla direttiva 1999/31.

Giudizio della Corte

29 Per quanto riguarda l’eccezione di irricevibilità, sollevata dalla Repubblica italiana, relativa alla pretesa mancanza di interesse a constatare il ritardo con cui si è proceduto alla trasposizione della direttiva 1999/31, occorre rilevare che le conclusioni del ricorso in esame, in particolare quelle che si fondano sul primo motivo di doglianza di quest’ultimo, non sono dirette a far accertare un tale ritardo, ma la non conformità a questa direttiva delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 36/2003 per quanto riguarda il trattamento delle discariche aperte durante il periodo compreso tra la data di scadenza del termine di trasposizione della detta direttiva e quella di entrata in vigore di tale decreto legislativo.

30 Orbene, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, uno Stato membro che non ha trasposto, entro il termine prescritto, una direttiva comunitaria e contro il quale viene proposto un ricorso per inadempimento avente ad oggetto non tale omissione, ma il mancato rispetto di un obbligo derivante da tale direttiva, non può invocare il fatto di non aver adottato le misure necessarie per la trasposizione della detta direttiva per opporsi alla ricevibilità del ricorso e, pertanto, a che la Corte esamini la domanda diretta a far dichiarare il detto inadempimento (sentenza 11 agosto 1995, causa C‑431/92, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2189, punto 23).

31 Di conseguenza, l’eccezione di irricevibilità del primo motivo di doglianza del ricorso, relativa ad una mancanza di interesse ad agire da parte della Commissione, dev’essere respinta.

32 Per quanto riguarda il merito di questo motivo di doglianza, è importante constatare che, come è stato giustamente rilevato dalla Commissione e non è stato contestato dalla Repubblica italiana, il decreto legislativo n. 36/2003 non prevede l’applicazione alle discariche autorizzate tra la data di scadenza del termine di trasposizione della direttiva 1999/31 e quella di entrata in vigore di tale decreto legislativo delle disposizioni relative alle discariche nuove, ossia, in particolare, degli artt. 2‑13 della detta direttiva. Esso prevede, invece, l’applicazione a tali discariche del trattamento riservato alle discariche preesistenti, sottoponendole alla procedura di adeguamento prevista al suo art. 17.

33 Orbene, risulta da una giurisprudenza costante che uno Stato membro non può eccepire l’attuazione tardiva di una direttiva da parte sua per giustificare l’inosservanza o il rispetto tardivo di altri obblighi imposti da quella stessa direttiva (v. sentenze 13 aprile 2000, causa C‑274/98, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑2823, punto 22, e 8 novembre 2001, causa C‑127/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑8305, punto 45). Infatti, quando una direttiva, come quella di cui trattasi nel caso di specie, sancisce obblighi inequivocabili a carico delle autorità nazionali competenti, gli Stati membri che non hanno trasposto tale direttiva non possono considerarsi dispensati dal rispetto di tali obblighi dopo la scadenza del termine di trasposizione e non possono escludere, con una disposizione transitoria, l’applicazione delle disposizioni della detta direttiva. Il fatto di ammettere una siffatta facoltà dello Stato porterebbe a permettere la proroga da parte di quest’ultimo del termine di trasposizione (v., in tal senso, sentenza 9 agosto 1994, causa C‑396/92, Bund Naturschutz in Bayern e a., Racc. pag. I‑3717, punto 19).

34 Ne consegue che la Repubblica italiana avrebbe dovuto applicare alle discariche autorizzate tra il 16 luglio 2001 e il 27 marzo 2003 le disposizioni della direttiva 1999/31 relative alle discariche nuove, contenute negli artt. 2‑13 di quest’ultima. Pertanto, avendo adottato e mantenuto in vigore il decreto legislativo n. 36/2003 che esclude tale applicazione, essa è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tali articoli.

35 Inoltre, avendo applicato il regime previsto all’art. 14 della direttiva 1999/31 relativo alle discariche preesistenti a discariche nuove, essa è anche venuta meno agli obblighi derivanti da tale articolo.

36 D’altro canto, le ragioni fatte valere da tale Stato membro per giustificare il ritardo con cui si è proceduto alla trasposizione e all’applicazione della direttiva 1999/31, ragioni relative alla necessità di attendere l’adozione della decisione 2003/33, non sono fondate. Infatti, tale decisione ha lo scopo di precisare le regole relative ai criteri e alle procedure di ammissione dei rifiuti nelle discariche. Orbene, tali regole sono enunciate in tale direttiva e la loro applicazione non è subordinata all’adozione di una siffatta decisione in forza dell’art. 16 della detta direttiva.

37 Pertanto, il primo motivo di doglianza fatto valere dalla Commissione a sostegno del suo ricorso dev’essere considerato fondato.

Sul secondo motivo di doglianza, relativo alla violazione dell’art. 14, lett. d), i), della direttiva 1999/31

Argomenti delle parti

38 Con il suo secondo motivo di doglianza, la Commissione rileva che l’art. 14, lett. d), i), della direttiva 1999/31, che fissa regole transitorie relative alle discariche di rifiuti pericolosi, prevede che gli artt. 4, 5 e 11 nonché l’allegato II di quest’ultima si applicano, a partire dal 16 luglio 2002, alle discariche preesistenti, mentre il decreto legislativo n. 36/2003 non prevede assolutamente l’applicazione di tali disposizioni alle stesse discariche, limitandosi, invece, a prevedere all’art. 17, n. 2, lett. c), regole transitorie unicamente per le discariche nuove. Quest’ultima disposizione sarebbe dunque in contrasto non soltanto con l’art. 14, lett. d), i), di tale direttiva, ma anche con le disposizioni da applicare alle discariche preesistenti, e cioè, in particolare, gli artt. 4, 5 e 11 nonché l’allegato II della detta direttiva. Inoltre, neppure la normativa italiana applicabile a queste ultime discariche prima dell’entrata in vigore della stessa direttiva sarebbe conforme a tali disposizioni.

39 La Repubblica italiana fa rilevare che l’eventuale accertamento dell’inadempimento risultante da questo motivo di doglianza non le consentirà di adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla direttiva 1999/31 dato che la sentenza della Corte sarà emanata dopo la scadenza del termine fissato, per quanto riguarda il regime transitorio proprio alle discariche di rifiuti pericolosi, al 31 dicembre 2006.

40 Tale Stato membro sottolinea, per quanto riguarda il merito di questo secondo motivo di doglianza, che l’art. 17 del decreto legislativo n. 36/2003 traspone correttamente l’art. 14, lett. d), i), della direttiva 1999/31 in quanto prevede l’applicazione degli artt. 4, 5 e 11 di quest’ultima alle discariche preesistenti. Infatti, in forza dei nn. 3‑5 del detto art. 17, i gestori di tali discariche avrebbero dovuto presentare, entro il 27 settembre 2003, un piano di adeguamento dei siti all’autorità competente. Quest’ultima dovrebbe approvare tale piano alla luce delle condizioni fissate dalle disposizioni di trasposizione di tale direttiva, relative alla classificazione delle discariche e alle condizioni che permettono la prosecuzione dell’esercizio di queste ultime, entro il 16 luglio 2009, termine fissato dalla detta direttiva per completare il riassetto delle discariche preesistenti.

41 Inoltre, l’art. 17, n. 2, lett. c), del decreto legislativo n. 36/2003, fatto valere dalla Commissione, enuncerebbe una disposizione transitoria ai sensi della quale i rifiuti pericolosi destinati, secondo la normativa anteriore a tale decreto legislativo, alle discariche per rifiuti pericolosi e tossici, possono essere ammessi in discariche del genere sino al 31 dicembre 2006. Orbene, secondo la Repubblica italiana, tale normativa, in particolare il decreto ministeriale 11 marzo 1998, n. 141 (GURI n. 108 del 12 maggio 1998, pag. 22), anche se non trasponeva le disposizioni della direttiva 1999/31, prevedeva divieti e procedure specifiche per l’ammissione di tali rifiuti nelle dette discariche, conformemente alle norme previste da tale direttiva.

Giudizio della Corte

42 Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica italiana, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato. Così, anche ove l’inadempimento sia stato eliminato dopo la scadenza di tale termine, la prosecuzione dell’azione mantiene un interesse, consistente in particolare nello stabilire il fondamento di una responsabilità che può insorgere per uno Stato membro in conseguenza del suo inadempimento nei confronti, in particolare, di coloro che derivano diritti dal detto inadempimento (v., in tal senso, sentenze 18 marzo 1992, causa C‑29/90, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑1971, punto 12, e 14 aprile 2005, causa C‑519/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑3067, punti 18 e 19).

43 Nella fattispecie, è importante constatare che l’art. 17, n. 2, lett. c), del decreto legislativo n. 36/2003 contiene una disposizione transitoria relativa alle discariche per rifiuti pericolosi che, come ha confermato la Repubblica italiana, era applicabile anche allo scadere del termine impartito a tale Stato membro per conformarsi al parere motivato rivoltogli dalla Commissione.

44 Occorre sottolineare, inoltre, che, contrariamente a quanto afferma il detto Stato membro, l’inadempimento contestato dalla Commissione è fondato sulla non conformità al diritto comunitario di varie disposizioni del diritto italiano applicabili alle dette discariche. Tali disposizioni comprendono non soltanto quella che menziona i rifiuti ammissibili in tali discariche, per le quali il decreto legislativo n. 36/2003 prevede modalità di trattamento transitorie, ma anche le disposizioni relative al trattamento dei rifiuti e alla procedura di ammissione di questi ultimi nelle discariche.

45 Ne consegue che il secondo motivo di doglianza del ricorso, vertente sulla violazione dell’art. 14, lett. d), i), della direttiva 1999/31, è ricevibile.

46 Sul merito di questo secondo motivo di doglianza si deve ricordare che l’art. 14, lett. d), i), di tale direttiva stabilisce che gli artt. 4, 5 e 11 nonché l’allegato II di quest’ultima si applicano alle discariche preesistenti di rifiuti pericolosi entro il termine di un anno dalla data di scadenza del termine di trasposizione della detta direttiva, ossia a partire dal 16 luglio 2002. Tale disposizione prevede così, indipendentemente dalla durata della procedura di riassetto delle discariche preesistenti che deve concludersi il 16 luglio 2009, un termine breve per l’applicazione delle dette disposizioni a tali discariche.

47 Per contro, come la Commissione ha giustamente sottolineato, l’art. 17, n. 2, lett. c), del decreto legislativo n. 36/2003, che stabilisce in particolare le disposizioni transitorie relative al trattamento dei rifiuti pericolosi, si applica solo alle discariche nuove e non prevede regole transitorie per il trattamento di tali rifiuti nelle discariche preesistenti.

48 Contrariamente a quanto afferma la Repubblica italiana, neppure l’art. 17, nn. 3‑5, del decreto legislativo n. 36/2003 prevede l’applicazione a tali discariche, a partire dal 16 luglio 2002, degli artt. 4, 5 e 11, nonché dell’allegato II della direttiva 1999/31. Infatti, tale disposizione di diritto nazionale stabilisce solo una procedura di adeguamento che si applica a tutte le discariche, indipendentemente dalla categoria a cui esse appartengono. Ai sensi di tale disposizione, il titolare dell’autorizzazione alla gestione di una discarica deve presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore di tale decreto legislativo, un piano di adeguamento del sito all’autorità competente. Quest’ultima autorizza la prosecuzione dell’esercizio della discarica e fissa i lavori di adeguamento, le modalità di esecuzione e il termine per l’ultimazione della procedura. L’adeguamento della discarica dev’essere ultimato entro il 16 luglio 2009.

49 Inoltre, nel corso di questo periodo di transizione che consente l’adeguamento delle discariche preesistenti, le norme di legge nazionali, anteriori al decreto legislativo n. 36/2003, che erano relative alla procedura di smaltimento dei rifiuti pericolosi, anche se stabilivano disposizioni specifiche per l’ammissione nelle discariche di tali rifiuti, non garantivano la piena applicazione degli artt. 4, 5 e 11 della direttiva 1999/31 alle discariche in cui erano versati tali rifiuti. La Repubblica italiana ha infatti ammesso, nel suo controricorso, che tale normativa nazionale non aveva lo stesso contenuto delle pertinenti disposizioni della detta direttiva.

50 Da queste considerazioni risulta che anche il secondo motivo di doglianza fatto valere dalla Commissione dev’essere considerato fondato.

51 Occorre di conseguenza constatare che, avendo adottato e mantenuto in vigore il decreto legislativo n. 36/2003 che traspone nell’ordinamento nazionale le disposizioni della direttiva 1999/31,

– in quanto tale decreto legislativo non prevede l’applicazione degli artt. 2‑13 della direttiva 1999/31 alle discariche autorizzate dopo la data di scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva e prima di quella dell’entrata in vigore del detto decreto legislativo e

– in quanto esso non provvede alla trasposizione dell’art. 14, lett. d), i), della detta direttiva,

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 2‑14 della direttiva 1999/31.

Sulle spese

52 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) Avendo adottato e mantenuto in vigore il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, così come modificato, che traspone nell’ordinamento nazionale le disposizioni della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti,

– in quanto tale decreto legislativo non prevede l’applicazione degli artt. 2‑13 della direttiva 1999/31 alle discariche autorizzate dopo la data di scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva e prima di quella dell’entrata in vigore del detto decreto legislativo e

– in quanto esso non provvede alla trasposizione dell’art. 14, lett. d), i), della detta direttiva,

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 2‑14 della direttiva 1999/31.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Firme

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