Le restrizioni alla libertà di corrispondenza, di informazione e di studio dei detenuti in regime di c.d. carcere duro: la Corte costituzionale, in accordo con la Cassazione, salva l’art. 41 bis ord. pen. e la discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria in materia

Ricercatore confermato a tempo indeterminato – Università degli studi di Perugia

Abstract

Il contributo ha come oggetto l’analisi di una recente sentenza della Corte costituzionale (n. 122 del 2017), con la quale la Corte, in accordo con la giurisprudenza della Cassazione, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale di alcune norme dell’art. 41 bis ord. pen., in materia di restrizioni alle libertà di informazione, di studio e di corrispondenza dei detenuti, rilevando, in particolare, che le stesse non introducono alcuna riduzione all’estensione e alla portata dei diritti fondamentali dei detenuti, ma incidono solamente sulle mere modalità applicative, rimesse alla discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria.
Benché la sentenza si presenti come un rigetto “secco”, essa svela, tuttavia, una forte propensione interpretativa, suscitando una serie di riflessioni a proposito di riserva di legge e di giurisdizione, di potere regolamentare e di discrezionalità amministrativa, in riferimento al delicato ambito delle restrizioni alle libertà fondamentali dei detenuti.

This essay analyses a recent judgment of the Italian Constitutional Court (no. 122/2017) by which – in accordance with the judgments of the Court of Cassation – the question of constitutional legitimacy of some provisions contained in article 41bis of the Italian Criminal Law has been rejected. Article 41bis concerns restrictions on some fundamental rights of prisoners such as the freedom of information, the freedom to study and the freedom of correspondence.
In particular, the recent judgment of the Constitutional Court holds that such provisions do not effectively reduce the extent and the scope of prisoners’ fundamental rights, but only may affect the relevant implementing modalities and procedures which are at the discretion of the Prison Administration.
Although the judgement provides for a “firm” rejection, it reveals a strong interpretative inclination and raises a number of unavoidable reflections on the rule of law (“riserva di legge”), as well as on the jurisdictional competence, the regulatory power and the administrative discretion, with respect to the sensitive area regarding restrictions on prisoners’ fundamental rights.

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